Una formula di fede, di Roberto Filippini

Gv 20, 19-28

1.     “Otto giorni dopo… Venne Gesù … e stette in mezzo...”. Di settimana in settimana dunque il Risorto viene in mezzo ai suoi, e quel giorno diventa il giorno dell’incontro per eccellenza, di cui i cristiani non possono fare a meno: la Domenica, il giorno del Signore, in cui la comunità lo sperimenta vivo e risorge con lui o come dice San Pietro in cui si rigenera a un’esistenza sempre nuova, “per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe , non si macchia e non marcisce”

2.     Gesù appare infatti a un gruppo di discepoli spauriti e confusi, chiusi nelle proprie angosce e nei propri dubbi e li trasforma in una comunità ricca di gioia, forte del perdono ricevuto e inviata a portare a tutti il perdono dei peccati perché la vita risorga e riprenda il suo corso verso il compimento finale del Regno.

3.     “Pace a voi“ proclama Gesù e questo non suona come il consueto saluto che anche oggi si scambiano i figli di Abramo, Shalom, spesso invano.

È parola creatrice, che opera ciò che dice. Gesù offre i doni dei tempi messianici: la Pace come star bene interiormente, come armonia e riconciliazione con il creato, come fraternità e condivisione di tutti i beni con gli altri. E infatti il Signore alita, soffia sui suoi lo Spirito creatore che cambia i cuori e rende uomini nuovi capaci di vivere insieme “un cuor solo e un’anima sola“ come la Chiesa di Gerusalemme descritta negli Atti che testimonia, innanzi tutto con la propria vita, la vittoria sulla morte e sul peccato.

4.     Gesù si fa presente in mezzo ai discepoli che stanno insieme, per far crescere la loro fede che non è fatta per essere vissuta in solitario, ma per essere condivisa in comunità di persone ben concrete e conosciute: certamente questo è ciò che maggiormente ci manca in questo nostro tempo malato, e forse per questo molti si connettono magari con i nostri social, anche se inadeguati e  manchevoli, per ritrovare volti e luoghi familiari che rimandano alla propria storia ecclesiale. Certamente il Signore non lascia nessuno solo, va alla ricerca anche dei singoli, incontra Maria piangente al Sepolcro, cammina insieme a ai due di Emmaus desolati e tristi, ma il suo intento è riunire tutta la sua comunità.

5.     Tommaso nella sera di Pasqua, “non era con loro”: non sappiamo perché, se è un caso o una presa di distanza dovuta alla crisi della croce. Comunque, quando li incontra, non si accontenta del racconto degli altri. Vuole vedere e toccare. E’ il suo temperamento, molto realista e pragmatico, come era emerso in altri frangenti: alla morte di Lazzaro rassegnandosi alla decisione di Gesù aveva detto “andiamo a morire con lui” e quando Gesù nell’ultima cena parlava del misterioso luogo dove stava per andare e che i suoi conoscevano la via, aveva esclamato “non conosciamo il luogo, figurarsi la via…”.

6.     Tommaso non solo vuol vedere il risorto ma vuole identificarlo attraverso i segni della Passione. È quello il Gesù Vero: quello straziato sul patibolo. Non vuole incontrarsi con nessun altro.

7.     Ed Ecco Gesù che quasi lo costringe a guardare, a toccare, a mettere la mano nel suo costato trafitto, come nel bellissimo dipinto del Caravaggio, per sporgersi attraverso quel varco sul mistero sublime dell’amore di Dio e poi sembra supplicarlo: “non essere incredulo, ma credente!” Eccolo Gesù di nuovo in ginocchio davanti a un suo discepolo, come per la lavanda, a chiedere di farsi amare, di accettare il suo amore e di imparare ad amare.

8.     “Mio Signore e mio Dio”: finalmente Tommaso crede, anzi conia una formula di fede, fra le più alte e perfette del Nuovo Testamento. Una fede ecclesiale e insieme individuale: Gesù viene riconosciuto nella sua Signoria Divina su tutta quanta la realtà, ma con quel “mio” è intronizzato nel cuore e nella vita di Tommaso credente. E di ogni credente.

9.     Beato chi ha veduto e… Beato chi non ha veduto e comunque beato chi ha creduto e crede nel Signore che si fa incontrare nel Vangelo scritto appositamente per questo, nella Chiesa e nell’Eucarestia,  Che il Signore ci aiuti a credere quando vediamo, tocchiamo e veniamo a contatto con il suo corpo eucaristico e con quello ecclesiale, ma ci aiuti anche ora che ci manca questo contatto, ci aiuti a vivere la sua Pace interiore, a comunicare il suo perdono, a conservare la gioia del suo amore, a credere e a proclamare con convinzione, come Tommaso: “Mio Signore e mio Dio” .   

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Commenti (1)

  • Aldo Rispondi

    Tocca il cuore e la mente

    Aprile 20, 2020 09:43