Mimmo Lucano: da promotore dell'accoglienza a simbolo del malaffare?

La condanna a più di tredici anni di reclusione per l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano ha tutta l’apparenza della giustizia ad orologeria per chi ha una lunga esperienza del contraddittorio e talora ambiguo processo di politicizzazione della giustizia penale in Italia.
In un momento in cui non solo i giuristi, i media ed i politici sono impegnati ad analizzare e valutare la riforma della giustizia che preme sul tasto della prioritaria velocizzazione dei processi, il tempismo con cui il Tribunale di Locri interviene a tre giorni dalle elezioni regionali calabresi minaccia d’interferire pesantemente sull’esito elettorale.
Di fronte a questa “esemplare” sentenza, è difficile dire se debba prevalere l’incredulità, un’amara ironia o piuttosto un fondato sdegno, verso una decisione che, proprio nella fase in cui scattano una serie di divieti che riguardano il sistema mediatico, le proiezioni e la propaganda politica, interviene rischiando di determinare la decadenza di Lucano nel caso di successo elettorale.
Ma non è solo il tempismo degno di miglior causa del Tribunale di Locri a destare stupore e meraviglia, quanto i capi d’accusa che, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza, sembrano rivolti al solo scopo di legittimare (?!) una condanna inattesa e tale da apparire condizionata da prevenzione e pregiudizi.
Se, infatti, si può anche non sposare il modello di accoglienza dell’ex sindaco calabrese, che pure ha suscitato tanto interesse anche al di là dei confini nazionali, soprattutto perché fondato sull’esigenza primaria di ridare dignità e visibilità a chi abbandona il proprio paese anche a rischio di morire in mare, le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di associazione a delinquere sembrano meramente strumentali, rivolte soprattutto ad aggravare l’accusa di irregolarità nella gestione dei migranti: un modo di procedere che richiede davvero un non comune esercizio di sfrenata fantasia inquisitoria.
C’è solo da augurarsi che la paradossale enormità delle accuse - che hanno ignorato i precedenti pronunciamenti di segno opposto di organi giudiziari quali il Tar, il Consiglio di Stato, la Corte di Cassazione ed il Riesame che avevano demolito l’impianto accusatorio della Procura - produca un effetto boomerang e favorisca ulteriori esempi di solidarietà e di partecipazione democratica.
Carlo Amirante, Giovanni Bianco, Dario Catena, Francesco Garritano, Silvio Gambino, Giuseppe Giudiceandrea, Matteo Cosulich, Bruna Bocchini Camaiani, Giovanna Montella, Maria Paola Borsetta, Carmine Campana, Giampiero Amorelli, Michele Zuddas

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