Unioni civili risposta al prof. Martinetti: si può discutere solo tra le scelte possibili, quella dei contratti privati non esiste

di Stefano Ceccanti Il prof. Martinetti, che ringrazio per  l'attenzione, mi replica sul blog di Sandro Magister con due affermazioni tra loro logicamente connesse. Il Magistero, interpretato in modo piu' rigido ed estensivo rispetto al mio primo intervento, vieterebbe qualsiasi riconoscimento legislativo di unioni diverse dal matrimonio e questo peraltro non creerebbe nessun problema alle persone omosessuali perche' esse risolverebbero qualsiasi problema per via contrattuale tra di loro. Il punto e' che questa tesi non e' affatto sostenibile. In primo luogo non lo è in Italia, almeno da qualche anno, e non perche' lo dica io, ma perche' la necessita' della legge per garantire l'opponibilita' dei diritti a terzi delle persone che danno vita a stabili unioni di questa natura e' stata affermata, addirittura come un preciso obbligo derivante dalla Costituzione, con la sentenza della Corte costituzionale 138 del 2010 e con quella della Cassazione 4184 del 2012. Peraltro, in secondo luogo, quella tesi non sarebbe sostenibile neanche negli ordinamenti di common law che danno meno spazio alla legge,  come gli Stati Uniti e il Regno Unito, figurarsi in paesi di civil law. Infatti la sentenza della Corte suprema americana origina dal problema di estendere o meno alle coppie omosessuali i diritti che le leggi federali danno alle coppie eterosessuali. La tesi sostenuta non ha quindi nessuna plausibilità, né in Italia né altrove. Che senso avrebbe interpretare il Magistero come favorevole solo a una soluzione che non esiste in sé? Praticamente, quindi, le scelte possibili per un legislatore sono di andare verso il matrimonio omosessuale o verso una qualche forma di unione distinta da esso. Delegittimare a priori tutte queste unioni senza distinzioni interne puo' solo produrre l'eterogenesi dei fini di legittimare come unica soluzione quella del matrimonio. Questi sono i termini obiettivi della questione, alla luce dei quali leggere anche le cautele magisteriali, che in ultima analisi vanno ricondotte al non confondere le due figure, fermo restando che anche cio' che noi definiamo matrimonio nell'ordinamento civile e' molto distante per indissolubilita' e apertura alla fecondita' al matrimonio com'e' definito dalla dottrina e che comunque apprezziamo per il suo valore parziale. Mi sembra importante, infine, richiamare il criterio interpretativo generale di Gaudium et Spes 43 alla luce del quale leggere qualsiasi documento su questi temi: sulle 'soluzioni concrete' evitiamo di rivendicare 'esclusivamente in favore della propria opinione l'autorita' della Chiesa' anche perché, come scrive Luca Diotallevi nel suo più recente libro su “L’ultima pretesa” invitando a maneggiare con prudenza il tema della non negoziabilità, “questa espressione rimanda a una semplicità, a un automatismo nelle scelte, che non è della condizione umana né della vita spirituale né del discernimento ecclesiale”. I dilemmi etici in cui far valere principi e valori si pongono all’interno della gamma delle scelte possibili, che hanno una loro consistenza. Per questo è utile sgombrare il campo dalle opzioni che non esistono.  

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