Una prima riflessione
di Giovanni Bianco Dunque, l'inatteso è accaduto. E' incredibile, ma a Milano non ha vinto la cordata di potere del Signor B., con la Signora Moratti in testa e De Corato in seconda fila, ma quel Giuliano Pisapia così tanto bi?strattato e vilipeso in campagna elettorale e così accorto ed elegante nello stile, sempre rispettoso della democrazia. Possiamo parlare di nuovo 25 aprile? Mi pare eccessivo, non soltanto perchè a cadere non è, in modo definitivo, un regime reazionario e dittatoriale o un governo spietato e filonazista, quale fu la Repubblica di Salò, ma una giunta il cui filo conduttore era un'accozzaglia di interessi forti, il potere per il potere così caro al declinante berlusconismo, ricco di ex piduisti, alto borghesi ultraconservatori, neofascisti sdoganati, craxiani e democristiani di destra riciclatisi ecc. Però la festa è comprensibile e giustificabile, perchè è proprio nella metropoli meneghina che il Signor B. ha cominciato a costruire la sua "non limpida" ricchezza e poi la sua pervasiva e subdola egemonia sul Paese e questo successo segna un'inversione di tendenza nel settentrione, dove leghismo e berlusconismo sembravano imbattibili. Tuttavia, cercando di svolgere una prima analisi, serena ed anche disincantata, se l'alternanza,che è il sale della democrazia, può produrre esiti imprevedibili, da qui a dire che il più è fatto ce ne vuole, perchè i moderati ed i progressisti che hanno sostenuto il centrosinistra dovranno ora dimostrare di saper governare, di riuscire a realizzare soluzioni di governo di alto profilo, di saper proporre giunte qualificate e non improvvisate, che non siano la mera somma dei partiti della coalizione vincente. Anche a Napoli a vincere non è stato il Signor B., quel Lettieri espressione della "voluntas" di un politico come Cosentino e soprattutto di un partito, quale il Pdl napoletano e campano, che è un mix delle peggiori componenti del vecchio pentapartito e del più torbido populismo partenopeo. Ora che la festa è finita possiamo con obiettività scrivere che si è imposto un candidato a sindaco che non è un politico, che ci auguriamo sappia tener fede al suo programma, che sappia realmente difendere la legalità e la trasparenza e gli interessi della città, anzitutto quelli deboli, delle categorie sottoprotette. Sia a Milano che a Napoli a vincere non è il Pd, ancora alla ricerca di una sua identità, ma due candidati espressione della società civile e di forze politiche più radicali. Bersani fa bene a scendere in piazza, a dire la sua, a cantare vittoria, ma questo Pd così com'è, specie nel mezzogiorno (dove in alcune regioni, e penso alla Calabria, i risultati sono in controtendenza rispetto a quelli nazionali), non entusiasma, non è sempre percepito come un partito di alternativa e di popolo, non è ancora presente, come dovrebbe, sul territorio, ed anzi talora si propone come una forza politica moderata in mano a pochi notabili e non come un partito di massa. Di conseguenza, il risultato elettorale da analizzare contiene più tasselli da decifrare. Non si tratta di una vittoria moderata e fa bene Vendola a parlare della necessità di un nuovo centrosinistra, basata su equilibri diversi, perchè la spinta propulsiva al cambiamento viene da sinistra e non dal centro, anche se per raggiungere quel fatidico 51% per cento indispensabile per governare occorrerà pure qualche alleato moderato (sul punto sconsiglio scelte affrettate e scontate e ritengo sia opportuno porre dei paletti). E' un segnale forte, da non sottovalutare, che dovrebbe spingere l'attuale segretario dei democratici a cercare di evitare gli errori fatali del passato, anche di quello più recente. Inoltre, non si commetta il terribile sbaglio del '94, quando vinte le amministrative la "gioiosa macchina da guerra", di occhettiana memoria, non seppe imporsi e la nefasta entrata in scena del Signor B. e del "partito azienda" fu purtroppo vincente, si cerchi sin da oggi di guardare alle elezioni politiche senza sottovalutare l'ostacolo, con cauta lungimiranza.
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