Pannella e il personalismo: un ricordo, di Stefano Ceccanti

Ho conosciuto Marco Pannella nei primi anni '90 ai comitati referendari sul maggioritario. In quelle occasioni ho scoperto che conosceva molto bene Maritain ma soprattutto Mounier, di cui però tendeva a dare una sua lettura un po’ originale. Nel senso che lui partiva sì dal personalismo, dall'irripetibile dignità di ogni persona, che non può essere assorbita né dai corpi intermedi né dallo Stato. Poi però, da questa impostazione, che è compatibile con culture liberali di varia matrice, tendeva a rimuovere o a marginalizzare l'aggettivo comunitario.

Ora, è vero che, se noi leggiamo soprattutto "L'Uomo e lo Stato" di Maritain, c'è una grande cautela sul diritto penale, i legami comunitari non si impongono col codice penale, però essi esistono e quindi quel pensiero, certamente liberale, ben presente in particolare nella dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae (non a caso bestia nera dei filoni illiberali, lo scisma di mons. Lefebvre nacque su quella), non può essere curvato in senso libertario. Nel senso che tu puoi anche essere libertario, ma non puoi arrivaci passando per loro. Di questo si dibatteva nei ritagli di tempo.

ps: Marco Pannella era grato a Romolo Pietrobelli perché negli anni '50 la Fuci fece un prestito all'Ugi (universitari laici) per un convegno per il quale al momento non avevano disponibilità finanziaria.

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