L'Ulivo non fa il Monaco
Mentre i risultati elettorali, la riflessione politologica, il dibattito tra gli economisti – ultimo il premio Nobel Deaton che smonta il mito della sinistra onusiana sull’utilità effettiva degli aiuti internazionali allo sviluppo – fanno a pezzi quello strano impasto di statalismo e welfarismo novecentesco che puntualmente assalta la sinistra sconfitta o in ritirata, la discussione della sinistra italiana torna ad infiammarsi per strategie scissioniste. Esattamente come se fossimo in pieno novecento, complice il calcolo di convenienza che solo leggi elettorali pasticciate possono favorire. Dal che si capisce bene quale sia la partita intorno all’Italicum che pure perfetto non è. L’ultimo in ordine di tempo è Franco Monaco con la sua intervista su Repubblica di oggi. Un pò pasticciata come la modifica all’Italicum che la sinistra PD vorrebbe introdurre. Monaco confonde pere con mele, come avrebbe detto il buon Sartori, in una comparazione che così messa non è più tale. Ulivo, Unione, centro-sinistra non sono stati la stessa cosa. E non possono essere omologati oggi per sostenere una strategia scissionista che non ha nulla a che vedere con il riformismo del primo Ulivo, il riformismo di Andreatta. Una strategia che al contrario ricorda la tentazione statalista e minoritaria di tanta sinistra cattolica, convinta che testimoniare sia meglio che governare. In verità c’è una grande continuità ideale tra il riformismo del primo Ulivo andreattiano e quello di gran parte del Pd renziano. Non lo si vede solo se non lo si vuole. Del tutto legittimo farlo ma meno legittimo mi sembra rinnegare questa continuità. Più chiaramente andrebbe detto che si vuole tornare indietro, ricostruendo isole identitarie in una fase che non sembra certo proporne di possibili e solide. Mentre in buona sostanza il riformismo andreattiano dell’Ulivo ha prodotto il Pd ora si vorrebbe tornare a coalizzare distinti e diversi. Rifiutandosi di riconoscere che solo il “left of center” porta la sinistra al governo: da Clinto e Blair in poi. Tutto il resto è sconfitta e minoritarismo. Altro che svolta centrista del Pd.
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