In difesa dell'acqua bene pubblico

1. Siamo dunque giunti al giorno del voto. Dei quattro quesiti su cui siamo chiamati a votare i due sull’acqua sono stati particolarmente discussi e controversi, senza nulla togliere, in termini di rilevanza e priorità, a quelli sul nucleare ed il legittimoimpedimento.                                                                                                                                                                                                 Una buona parte del mondo cattolico e la sinistra si sono opportunamente mobilitati. C’è stato un fiorire di iniziative, le riviste diocesane sono intervenute con passione e fermezza, come molte di quelle laiche e progressiste.                                 Il 9 giugno si è pure digiunato e pregato in P.zza S.Pietro, grazie ad un’iniziativa promossa da Alex Zanotelli ed Adriano Serra. Si è ben consapevoli che la partita in gioco è più importante della stessa abrogazione delle norme della legge Ronchi del 19 novembre 2009, che definisce l’acqua un “bene di rilevanza economica”. Essa concerne la difesa di un “diritto universale di tutti gli esseri umani” (“Caritas in veritate”, n.27); di un diritto sociale e collettivo che rischia di essere “mercantilizzato”, di diventare “mera merce” in un’epoca in cui, secondo le previsioni dell’Onu, entro la metà del XXI secolo tre miliardi di essere umani non avranno accesso all’acqua potabile. 2. I “Forum dei movimenti per l’acqua pubblica” hanno ben chiarito le finalità di questo necessario referendum, sostenendo che l’acqua è un bene essenziale, da tenere in mano ai cittadini e che deve essere lo Stato a garantire la sua distribuzione ad un prezzo equo, senza perseguire il profitto. 3. C’è stato un gran discutere, un dibattito intenso e talora pretestuoso, con scelte paradossali e notevoli contraddizioni.                                                                                                                                                                                                              Penso anzitutto a chi è giunto a fragili “distinguo” pur di non prendere atto che il bene acqua ha una natura del tutto specifica; l’infondata tesi di chi parla di debolezza del Pd che accetta i due “si” senza convinzione, per mero equilibrismo tattico nel centro-sinistra, senza però, ovviamente, cogliere le profonde aporie dei democratici del “no”; il voler distinguere a tutti i costi il discorso sull’acqua svolto con riguardo all’occidente democratico ed opulento da quello riferito al terzo mondo ed alle regioni del pianeta sottosviluppate, non evidenziando le gravi conseguenze che la privatizzazione dell’acqua comunque comporta in termini di costi, a svantaggio della collettività; il muovere da un punto di vista neoliberista e rigorosamente antistatalista, incapace di cogliere le virtù dell’economia pubblica ed i fallimenti del mercato. 4. Questi ed altri ragionamenti hanno spesso il fiato corto, rischiano di scivolare in un esangue ideologismo mercantilista.                                                                                                                                                                                                                                 Non si è esitato  neppure a richiamare grandi intellettuali e politici del passato. Il rifarsi, ad esempio, all’ultimo Sturzo, quello liberista, senza contestualizzare criticamente le sue idee e talora senza neppure menzionare altre importanti ed opposte ricostruzioni sul rapporto tra lo Stato e l’economia sviluppate nel secondo dopoguerra nel mondo cattolico ed in quello democratico, e penso anzitutto  a Dossetti.                                                                                                                            Dinanzi a deboli argomenti (e pseudoargomenti) si avverte l’esigenza di opporsi ai tentativi, più o meno marcati, di mercificazione dell’acqua, di ribadire che “l’acqua è nostra”.

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