Il consenso, le paure e la speranza, di Luciano Iannaccone

[media-credit id=59 align="alignnone" width="300"][/media-credit] Ha assolutamente ragione il professor Vassallo quando, commentando l’importante intervento di Giorgio Armillei “Bipolarismo 1 e bipolarismo 2”, afferma che “nella testa degli elettori il discrimine sinistra/destra vacilla, ma quello aperto/chiuso o sovranismo/europeismo è del tutto inesistente”. Occorre però considerare che se il voto nasce dal consenso ad un’offerta elettorale, da paure o da speranze in campo, l’orizzonte di riferimento può modificarsi rapidamente. Se ad esempio gran parte delle tante promesse economiche e fiscali elettorali di un nuovo governo finissero nel cassetto in nome della “governabilità” o al contrario la loro messa in cantiere, incompatibile con la solvibilità dello Stato italiano, mettesse in brusco movimento mercati, cancellerie, organismi europei e risparmi privati, in entrambi i casi i contraccolpi sull’elettorato sarebbero assai forti: di rigetto nel primo caso, nel secondo di panico. Contrapposto a quest’ultimo si rafforzerebbe grandemente, in chiave di autodifesa, il sostegno all’ancoraggio monetario ed economico dell’Europa, ma ciò rappresenterebbe soltanto un primo, anche se indispensabile, passo dell’opinione pubblica prevalente verso la società aperta e una nuova Europa. Infatti il “partito liberale pro-europeo di centro” che verrà dovrà avanzare con chiarezza la propria proposta di società aperta, che non può restare nell’indeterminatezza di un generico unionismo, anche se utile alla bisogna. Anche perché nella storia unionismi ed universalismi sono sempre stati caratterizzati da precise fisiononomie: dalla “pax romana” all’universalismo cristiano di Dante, dalle racchiuse, ma efficaci gilde medievali all’impero britannico civilizzatore in cinque continenti, dall’internazionale sovietica al “mondo libero” occidentale. Questa proposta di società aperta, ancor valida oggi come centosessant’anni fa, la trovo delineata in un intervento parlamentare ed in una lettera di Cavour che ho già avuto occasione di citare, anche perché il nostro presente presenta problematiche più vicine al XIX secolo che al XX. L’intervento: “Noi crediamo che si debba introdurre il sistema della libertà in tutte le parti della società religiosa e civile; noi vogliamo la società economica; noi vogliamo la libertà amministrativa; noi vogliamo la piena ed assoluta libertà di coscienza; noi vogliamo tutte le libertà politiche compatibili col mantenimento dell’ordine pubblico”. La lettera: “Io reputo che non sarà l’ultimo titolo di gloria per l’Italia d’aver saputo costituirsi a nazione senza sacrificare la libertà all’indipendenza, senza passare per le mani dittatoriali di un Cromwell; ma svincolandosi dall’assolutismo regio senza cadere nel dispotismo rivoluzionario”. Nell’età della globalizzazione, dei suoi frutti, dei suoi pericoli e dei suoi nemici, l’assolutismo proprio sia agli automatismi della dinamica finanziaria che ai regimi autoritari da una parte e la demagogia populista intrinsecamente dispotica dall’altra sono gli estremi, il primo da condizionare la seconda da battere. Con gli strumenti della società liberale che consistono nelle decisioni di merito della democrazia politica. Ma per arrivare vivi a questo possibile futuro prossimo è doveroso vivere ed operare nel presente. A partire dai sostenitori, dirigenti e notabili del Pd e da quanti condividono un nuovo orizzonte di storia e di valori. La linea di marcia l’ha indicata Faustina Randazzo, nel suo commento ad Armillei, con semplicità e profondità. L’operatività presente richiede l’assoluta chiarezza delle posizioni, che impediscono ogni appoggio parlamentare che non sia al nuovo inizio dell’Europa con una politica liberale. E’ necessaria poi un’azione capillare, nel dialogo e nell’informazione in rete, per abbattere il muro di disinformazione che il risultato elettorale e l’astuzia degli avversari hanno imposto sull’azione riformatrice dei governi a guida Pd: si parla di clamorose novità che i vincitori del voto instaureranno riferendosi a realizzazioni già attuate da Renzi e Gentiloni. Dalla Naspi, Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, sussidio di disoccupazione che comporta la ricerca del lavoro di chi lo perde, alle agevolazioni previdenziali per le assunzioni a tempo indeterminato, dal Reddito di inclusione, prima misura generalizzata contro la povertà in Italia, al superammortamento che ha permesso il decollo dell’Industria 4.0. Non parliamo poi delle vera congiura del silenzio sulla straordinaria azione del Ministro Minniti, che in 15 mesi è riuscito quasi a bloccare i canali di ingresso illegali in Italia, aprendo quelli legali per gli aventi diritto all’asilo e per l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro gestita presso le Ambasciate italiane all’esterno. I dati, disponibili ogni giorno sul sito del Ministero dell’Interno ma che troppi (informazione compresa) non vogliono leggere, dicono che dal 1 gennaio al 29 marzo 2018 sono sbarcati 6.616 migranti, il 26,6% dei 23.145 sbarcati nel corrispondente periodo del 2017. E che negli ultimi nove mesi sono sbarcati complessivamente in 42.776, il 34,5% dei 124.058 sbarchi dei corrispondenti nove mesi 2016/2017. Risultato frutto dell’azione assidua e coordinata in Libia e a sud della Libia, che ha permesso anche rimpatri agevolati dalla Libia nei Paesi di provenienza e che si affianca all’azione in Italia per le espulsioni ed i rimpatri dei non aventi diritto all’asilo ed a promuovere sicurezza nelle città e nei paesi. Ma non è stato solo Salvini a mentire sull’azione di Minniti, sono stati tanti nel Pd e vicinanze a manifestarle sorda avversione perché “non di sinistra”. Ecco perché c’è bisogno non solo di un nuovo inizio, ma anche di una battaglia civile e politica contro ambiguità inaccettabili. Per ultimo, ma non l’ultima cosa: Stefano Ceccanti ha presentato alla Camera la proposta di modifica alla Parte II della Costituzione per l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica con successiva elezione dei membri delle Camere: il semipresidenzialismo alla francese. Poiché può dare stabilità e forza decisionale alla politica italiana, non si dica che il momento appare poco propizio. Anzi, vista la confusione sotto il cielo, è eccellente. Luciano Iannaccone

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