Gorgio Tonini sulla sentenza sulla diagnosi pre-impianto

La sentenza della Corte costituzionale sulla Legge 40. Una delle piccole soddisfazioni morali del mio lavoro parlamentare è stata quella di vedere accolti dalla Corte, uno ad uno, tutti e cinque gli emendamenti che avevo proposto in Senato come relatore di minoranza sulla procreazione medicalmente assistita (pma). Tutti e cinque formulati in nome del principio di ragionevolezza, a sua volta tributario di una cultura del limite della politica e del diritto, e tutti e cinque respinti dalla maggioranza "ruiniana" di allora, frutto della coalizione tra cattolici acritici e atei devoti. Quello accolto ora dalla Corte è il quinto e ultimo dei cinque: il divieto di diagnosi preimpianto e conseguente selezione embrionaria per le coppie affette da gravi malattie a trasmissione genetica (in particolare la talassemia). In pratica alla coppia portatrice sana della malattia e quindi con grave rischio di generare figli malati veniva inibito l'accesso alle tecniche di pma, riservato alle sole coppie sterili. Alle coppie non sterili, ma a rischio di trasmissione di malattie genetiche, la legge di fatto proponeva di andare all'estero, o di procreare in modo naturale, salvo poter ricorrere all'aborto, una volta accertata, con la diagnosi prenatale, la malattia del feto. Sul piano etico, ovviamente, è del tutto lecito ed anzi, dal mio punto di vista encomiabile assumere una posizione di accoglienza della vita comunque si presenti. Ma sul piano giuridico non ha alcun senso considerare l'embrione umano in provetta meritevole di una tutela assoluta, pari a quella del bambino nato, quando invece il feto che si va formando nell'utero materno è di fatto e di diritto soggetto al principio di autodeterminazione della donna. In altre parole, la lettura sistematica della legge 194 (aborto) e della legge 40 (pma) portava a concludere che l'ordinamento giuridico italiano preferisce il male maggiore (soppressione del feto in utero) a quello minore (selezione embrionaria in provetta). Quod est absurdum.

Condividi Post

Commenti (0)