Giovanni Cominelli sul settimanale diocesano di Bergamo

Le due sinistre, oggi. Per capire Renzi, il PD e le sue divisioni interne 0 BY GIOVANNI COMINELLI ON 29 NOVEMBRE 2014 · SOCIETà Un breve excursus storico è necessario per comprendere la condizione della sinistra politica nel presente, in particolare del PD. APPUNTI DI STORIA, PER CAPIRE 1647: la sinistra – lasciamo perdere qui i fratelli Gracchi e quelle piccole cooperative palestinesi di pescatori (alcuni dei quali hanno in seguito fatto la brillante professione di apostolo) sul lago di Tiberiade! – nasce nella piccola chiesetta presbiteriana di Putney, sulle sponde del Tamigi, tra il 28 ottobre e il 1 novembre. Oliver Cromwell decide di riunire lì i quadri politici e militari del suo movimento per una discussione sul futuro dell’Inghilterra. Le radici religiose e culturali dei suoi comandanti affondano nel puritanesimo. I Levellers, componente di sinistra egualitaria radicale del movimento, saranno poi militarmente distrutti a Burford Hill il 14/15 maggio 1649 dallo stesso Cromwell. A Putney nasce la sinistra delle libertà, fondate sul censo. Saranno gli Whigs, la sinistra liberale e monarco-costituzionale, contrapposta ai Tory, destra monarchico-assolutista. Ambedue si contendono i ceti medio-alti. Il proletariato ancora non c’è. Gli Whigs sono proprietari e industriali borghesi, propugnano i diritti individuali, sono presbiteriani, mentre i Tory sono schierati con il Re, con l’alto Clero anglicano, con i latifondisti. 1848: il Manifesto di Marx cambia il paradigma. Non più la libertà – di morire di fame sotto i ponti, osserverà pungente K. Marx – ma l’eguaglianza. La prima fase della prima rivoluzione industriale è già vecchia di un secolo. Si sta passando alla seconda fase della prima rivoluzione industriale: nasce la sinistra dell’eguaglianza, per rappresentare e difendere gli interessi del proletariato. Questa sinistra si dividerà in due, passando attraverso la Prima guerra mondiale. 1919: dal 2 al 6 marzo nasce la Terza Internazionale – comunista – che si separa dalla Seconda internazionale – socialista, fondata nel 1889. Condividono due teoremi: che la sinistra è egualitaria e classista; che, per realizzare l’eguaglianza, occorra conquistare il potere politico-statuale. Sono separate dal metodo. Per i socialdemocratici il potere politico si conquista e si mantiene per via democratico-parlamentare; per i comunisti con la lotta armata e la dittatura del proletariato. 1989: è la fine storica del comunismo. Resta viva solo la socialdemocrazia, con le sue varianti nazionali. Quanto al Pci, fin dal 1948 ha scelto la via democratico-parlamentare, è diventato progressivamente socialdemocratico, a dispetto del nome. Era ciò per cui Napolitano e la sua corrente riformista/migliorista avevano lottato culturalmente fin dagli anni ’80. Tuttavia, resta il lascito di fondo: il partito si fonda sui lavoratori, mantiene una base sociale di classe. E’ solo con il Congresso di Pesaro del 2001 che il PCI-PDS-DS si dichiara ufficialmente riformista. OGGI: LA DIVISIONE FRA BERSANI, CUPERLO, CIVATI… E LA “SINISTRA DELLE LIBERTà” Intanto, però, proprio nell’area migliorista e riformista nasce una divisione tra l’ala socialdemocratica e una nascente area liberale. La recente Assemblea di Orvieto dell’Associazione di cultura politica “Libertà Eguale” del 15/16 novembre 2014, di cui è presidente Enrico Morando, attuale Vice-ministro dell’Economia, ha confermato questa nuova frattura: da una parte coloro che continuano ad avere in mente “la sinistra di classe” – Bersani, Cuperlo, Civati, Landini, Vendola, Ferrero… – che rappresenti i lavoratori, in attività o pensionati, organizzati, in primo luogo, nella CGIL (la metà circa dei suoi iscritti sono pensionati), dall’altra parte chi ripropone l’antica “sinistra delle libertà” (che, tuttavia, all’epoca di Cromwell era anch’essa “di classe”, perché rappresentava i nuovi ceti borghesi emergenti), che ruota sul cardine della “persona”. “Persona” non è né l’individuo liberale – che si fa strada combattendo duramente nella lotta darwiniana per l’esistenza – né il proletario, che pratica la lotta di classe. E’ un concetto che viene da lontano, da Severino Boezio e da san Tommaso – persona est rationalis naturae individua substantia -, e che è diventato categoria teorico-politica nel movimento operaio laburista non marxista, influenzato da Mazzini e da Owen, e nel cattolicesimo liberale, segnato dal personalismo di Mounier. IL PD SECONDO RENZI A partire da queste premesse, il PD di Renzi, secondo questa versione, non è più un partito di classe, un partito del lavoro e del sindacato: è il partito delle libertà eguali. Ciascuna persona deve essere posta nelle condizioni socio-economiche, culturali e istituzionali di costruire la propria libertà. E’ solo una piccola necessaria conseguenza il fatto che l’ala vetero-socialdemocratica accusi di tradimento, a questo punto, quella liberale. “Tradimento” è una categoria dell’impotenza. Infatti, la usa spesso anche Berlusconi. Non si tratta più, in effetti, della storica sinistra marxiana dell’eguaglianza. E’ una sinistra nuova quella che sta emergendo, che nasce al punto di intersezione del cattolicesimo politico-liberale non dossettiano – ancora troppo ossessionato dalla conquista dello Stato (non è certo un caso che Rosy Bindi sia rimasta a combattere sulle vecchie rive della socialdemocrazia statalista) – e dal liberalismo anglo-americano, a sua volta nato dalla laicizzazione del puritanesimo inglese. La storia è solita praticare l’eterogenesi dei fini.

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