Democrazie ed autocrazie, di Luciano Iannaccone

Nella
scorsa settimana gli interventi di Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”
(“Nella sfida all’autocrazia non basta una fiammata”) e di Maurizio Molinari su
“Repubblica” (“I diritti umani per sfidare le autocrazie”) hanno evidenziato i
forti limiti delle democrazie nel contrastare la crescente pressione espansiva
degli Stati autoritari nel mondo. Con in primo piano la Russia di Putin, ma
anche quelle autocrazie che non la condannano e che signoreggiano complessivamente
su miliardi di abitanti delle Terra.
Appare
evidente che la progressiva promozione della liberalizzazione del commercio
mondiale, iniziata sul finire del secolo scorso, se ha giovato all’economia
mondiale non ha prodotto significativi risultati nella affermazione dei diritti
umani e democratici in molte parti del pianeta.
Sia
Panebianco che Molinari, con argomentazioni diverse, constatano i limiti delle
democrazie occidentali nel “fronteggiare la sfida dell’autocrazia russa (e
forse domani anche di quella cinese)” (Panebianco) con strumenti politici e
scelte etiche.
Le
loro preoccupazioni sono totalmente condivisibili, ma può aiutare l’analisi e
la prognosi al riguardo uno sguardo disincantato sulle nostre democrazie, a
cominciare da quella che conosciamo meglio, quella italiana.
Qui
sembra tramontato il sogno della stagione referendaria di trent’anni fa,
espresso nella formula del “cittadino come arbitro” nella scelta di chi lo
governi. Dopo tre elezioni politiche generali (1994, 1996, 2001) con un sistema
maggioritario, quest’ultimo si è progressivamente deteriorato, restituendo ai partiti
lo “scettro” ed assegnando ai cittadini una subalternità palese, con la
conseguente inarrestabile discesa dell’esercizio del voto.
Ma
c’è una questione ancora più decisiva: sta nel fatto che ogni democrazia, come
società e come ordinamento politico, degrada inesorabilmente se i diritti di
ogni cittadino, classe, gruppo sociale o formazione politica non sono stabilmente
correlati ai doveri di responsabilità e solidarietà.
Afferma
l’art.2 della nostra Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali
dove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica e sociale”.
Sappiamo
che la storia delle democrazie vive della dialettica tra questa visione e le forme
degenerative che tra i primissimi Platone ha evidenziato nella sua
“Repubblica”. Qualche secolo dopo, nella capitale del grande impero romano,
fece sintesi la formula “Panem et circenses” e si rafforzò l’interessata disinvoltura
designativa con cui alcune legioni proclamavano Cesare il proprio condottiero.
Un
filo rosso lega questo passato al nostro modesto presente, in cui troppi leader
politici gareggiano nel proporre come scelta legislativa inderogabile quello
che, a prescindere dal merito e dalla correttezza, può catturare maggiormente il
favore popolare, rafforzando temporaneamente il peso e il ruolo dei capi. E’
una scelta iniqua ? Ipoteca il futuro
nostro e dei nostri figli ? Se porta voti e consensi “pereat mundus dum ego
salvus sim”.
Questa
gravissima anomalia presente in Italia e con intensità di diverso grado in
molte altre democrazie è ben visibile. Non stupisce allora che gli ammonimenti
etici in materia di democrazia e di diritti umani, che non pochi esponenti di
dette democrazie rivolgono ai regimi autocratici, non producano grandi
risultati. Anche perché questi regimi rovesciano contro i loro accusatori, a
sproposito ma con efficacia, le contraddizioni delle società democratiche. Come
se democrazie ed autocrazie non fossero poi così diverse: “I capi dominano le
nazioni e quelli che esercitano il potere sono chiamati benefattori..”(con quel
che segue: Luca 22: 25-26).
Non
intendo naturalmente affermare l’equivalenza fra democrazie ed autocrazie, anzi
esattamente il contrario. Ma perché questa verità diventi visibile e generativa
di nuove possibilità per tutti, è necessario che nelle prime, Italia con altre
in testa, si affermi per governanti e cittadini una nuova stagione di doveri. In
caso contrario il futuro appare buio.
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