Dario Parrini e le proposte della Bicamerale D'alema
RINFRESCHIAMOCI INSIEME LA MEMORIA: VIAGGIO NELLA RIFORMA COSTITUZIONALE D'ALEMA DEL 1997, ASSAI PIù MAGGIORITARIA DELLA RIFORMA CHE SARà SOTTOPOSTA A REFERENDUM IN AUTUNNO
D'Alema non esita a demonizzare proposte che ha difeso quando il partito lo guidava lui, e che, occorrendo, difenderebbe di nuovo se il partito tornasse a guidarlo lui.
Per lenire la tristezza che questo doppiopesismo suscita in me, mi sono riletto riga per riga il progetto di riforma costituzionale (www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00699046.pdf ) che la Bicamerale D'Alema del 1997 approvò e trasmise al Parlamento a seguito dell'accordo Pds-Ppi-Fi-An.
Rinfreschiamoci insieme la memoria.
La Bicamerale D'Alema propose di riformare la seconda parte della Costituzione istituendo un sistema di semipresidenzialismo fondato sull'elezione popolare del Capo dello Stato, con attribuzione a costui del potere di scioglimento anticipato della Camera (sic!); del potere di nominare e revocare (sic!) i ministri su proposta del primo ministro; del potere di nominare il primo ministro che a sua volta aveva la fiducia presunta (sic!) della Camera a meno che la Camera stessa non gliela revocasse a maggioranza assoluta (sic!).
Il più rilevante di questi poteri era senz'altro quello di scioglimento anticipato, che il Presidente della Repubblica eletto direttamente poteva, ai sensi degli articoli 70 e 74, esercitare non solo in caso di dimissioni del governo, o del venir meno della fiducia della Camera nel governo, ma anche all'indomani del suo insediamento al Quirinale, dato che dopo l'elezione del Capo dello Stato il Primo ministro (art. 74) era tenuto (sic!) a presentare le proprie dimissioni.
Questa riforma costituzionale si collegò a una proposta di riforma elettorale concordata tra centrosinistra e centrodestra nella cena del «patto della crostata» a casa Letta del giugno 1997.
Dalla cena di casa Letta era scaturita un'ipotesi di legge elettorale a doppio turno basata su collegi uninominali per il 60% dei seggi, sul voto proporzionale di liste bloccate per il 25%, e infine su un premio di maggioranza del 15% assegnato, al primo turno o dopo il ballottaggio, ai migliori sconfitti nei collegi uninominali.
Tale sistema, che sarebbe divertente approfondire nei suoi meccanismi di dettaglio, era sostanzialmente costruito per garantire al vincitore delle elezioni almeno il 55% dei seggi.
Certo è che se D'Alema ha l'ardire di descrivere la riforma che andrà a referendum nel prossimo autunno come qualcosa che riduce gli spazi di democrazia, mentre invece è il frutto di un ottimo compromesso parlamentare, dovrebbe, per coerenza, definire la sua del 1997 un mezzo colpo di Stato, quando invece era anch'essa, lo pensavo allora e lo penso coerentemente oggi, il frutto più che accettabile di un buon compromesso parlamentare, anche se alcune parti non erano per me condivisibili.
Fu un buon compromesso che, sfortunatamente, D'Alema non riuscì a condurre in porto.
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