Cultura e politica, una stagione neoconciliare, di Giorgio Tonini

Se potessi dare un consiglio alla dirigenza del Pd, suggerirei di prestare attenzione a Francesco Russo e alla sua “rete di Trieste”: qualche centinaio di amministratori, perlopiù “civici”, che si sono incontrati e conosciuti l’estate scorsa nel capoluogo giuliano in occasione della 50^ Settimana sociale dei cattolici italiani (aperta dal presidente Mattarella e conclusa da Papa Francesco), si sono ritrovati a metà febbraio alla Domus Mariae di Roma e stanno ora organizzando una fitta agenda di incontri nazionali e locali. Si intravede una rete, potenzialmente assai vasta, stesa rasoterra su tutta l’Italia, un serbatoio forse unico di energie morali e civili, che potrebbe rappresentare una fonte preziosa per la necessaria e urgente rianimazione della democrazia italiana.
Non si tratta di dar vita ad un nuovo partito, che sarebbe inevitabilmente un partitino, ha chiarito Russo, che di partiti se ne intende: è stato senatore del Pd e oggi è un consigliere regionale di minoranza in Friuli - Venezia Giulia. Si tratta di promuovere qualcosa che sia “perfino più di un partito”: un movimento trasversale agli schieramenti politici, che ha nel civismo municipalistico diffuso, in gran parte alimentato dal variopinto, operoso, minuto popolo delle parrocchie e del volontariato, la sua base materiale. E individua nella riforma del bipolarismo politico in senso meno fazioso e più costruttivo, quindi anche meno escludente e potenzialmente più partecipato, il suo fondamentale obiettivo democratico.
È la prima volta, dagli anni Novanta del secolo scorso, che dal mondo cattolico giunge un segnale così forte e chiaro. Dopo una fase non breve di elaborazione del lutto per la scomparsa del partito dell’unità politica dei cattolici, con Papa Francesco la Chiesa italiana ha cercato e forse trovato una strada nuova, segnata dal rilancio dell’insegnamento conciliare sulla distinzione dei piani e dei ruoli, per cui ai pastori è affidato il compito della promozione di una sapienza profetica sulle questioni fondamentali (dalla vita alla pace, dalla famiglia alla giustizia sociale), mentre al laicato, nella sua autonomia e nel suo pluralismo, spetta la ricerca delle concrete, possibili, mediazioni politiche e legislative. Con l’importante corollario che se la mediazione è un valore da promuovere e non una tentazione dalla quale rifuggire, la cultura del confronto, del dialogo, diciamo pure del compromesso, viene a proporsi come vocazione e missione dei cattolici, in qualunque schieramento militino, come loro contributo inderogabile alla promozione della democrazia.
Numerose potrebbero essere le esemplificazioni di questa linea che potremmo definire neo-conciliare. La più alta è certamente la felice coabitazione del magistero religioso di Papa Francesco con quello civile del presidente Mattarella, entrambi alle prese, nella evidente distinzione dei ruoli, con la tragedia della guerra in Europa e nel mondo.
Ma Russo ha fatto esplicito riferimento a questioni come il fine vita o l’autonomia differenziata, da sottrarre alla trappola paralizzante degli opposti estremismi. Si potrebbero, per analogia, richiamare altri temi, a cominciare da quelli oggetto dei prossimi referendum: dalla questione della cittadinanza e dell’immigrazione, alla legislazione sul lavoro.
Se quindi potessi dare un consiglio a Elly Schlein, o a chiunque altro nel Pd voglia pensarci su, suggerirei di provare a guardare a questa rete come all’occasione preziosa per sparigliare un quadro politico bloccato. E per provare a stabilire un contatto con una parte del paese profondo che la politica non abita se non marginalmente. Ovviamente non per arruolare una rete che vorrà restare trasversale. Ma per assumerne l’intuizione fondamentale. Del resto, che altro deve ancora succedere, in Italia e nel mondo, per farci comprendere che la radicalizzazione del bipolarismo politico uccide la democrazia, che vive di dialogo, mediazione, compromesso, in definitiva del primato della razionalità sulla forza? E che quando la forza vince sulla razionalità, la politica democratica è destinata alla sconfitta?
Da Avvenire, 16 marzo 2025
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