Cittadini '23 per nuovo governo Draghi, di luciano iannaccone
Questa
dovrebbe essere, secondo me, la parola d’ordine ed insieme la denominazione di
un movimento politico ed elettorale che scenda in campo per partecipare alle
elezioni politiche del 2023 con proprio simbolo e propri candidati. Per unire e
mobilitare quanti, cittadini ed esponenti politici, concordano su alcuni punti
decisivi.
Il
primo è la necessità che l’attuale azione di governo possa continuare e
rafforzarsi con un nuovo governo Draghi, accreditato con forza dal voto alle
elezioni politiche del 2023. Quindi “Cittadini ’23” non come “Partito di
Draghi”, ma come “Partito per Draghi”.
Il
secondo è la consapevolezza che la svolta del febbraio 2021 è stata necessaria
e benefica, salvandoci dal disastro, ma non è assolutamente sufficiente. Ha
ottenuto risultati importanti nella lotta alla pandemia, nella ripresa
economica e sociale, nel tentativo di mobilitare le migliori energie nella
gestione delle risorse pubbliche, espresse nella professionalità con cui si sta
cercando di gestire i fondi europei. Ma la situazione è ancora grave, anzi
gravissima.
Lo
è nei comportamenti soggettivi. I partiti, di maggioranza e insieme di “lotta e
di governo”, continuando a dedicare i loro maggiori sforzi alla propaganda
elettoralistica, riducono l’efficacia dell’azione governativa.
L’universo della funzione pubblica è poi chiamato
ad uno sforzo di professionalità e di efficacia che cozza contro antiche e
nuove inefficienze mai seriamente affrontate. L’intollerabile crisi della
giustizia è ormai sotto gli occhi di tutti per il tentativo reiterato e
riuscito di non pochi di costituire, “contra legem”, uno stato nello Stato, con
consorterie che usano indegnamente l’evangelico “noli me tangere”. Le degne ed
accorate parole al riguardo del Presidente della Repubblica sortiranno qualche
effetto? Mi permetto di dubitarne, per cambiare veramente occorrerà una scelta
collettiva che vada dal Presidente ad ogni cittadino italiano.
La
situazione è più che grave anche per le cupe nubi all’orizzonte. Perché se é
vero che è il momento di concretizzare “i piani di investimento più ambiziosi
da decenni” (Federico Fubini) è pure vero che alla efficace gestione dei fondi
del PNRR si oppongono resistenze ed inerzie di ogni tipo, che si sentono minacciate da interventi riformatori del
sistema Italia.
E
inoltre , come scrive ancora Fubini sul “Corriere della Sera” del 5 febbraio,
la bolla inflattiva che parte da gas, energia elettrica ed alcune materie prime
strategiche è un imprevisto negativo che pesa sui piani e sulle possibilità
dell’Italia e sul tessuto economico e sociale.
Ma
anche se l’attuale governo gestirà con
decisione il piano di azione previsto e gli imprevisti che non mancano mai,
riuscendo anche con un po’ di fortuna a fare del 2022 un anno positivo, saranno
comunque necessari anni di duro lavoro,
nel governo e nel Paese, per assicurare un futuro all’Italia. Il debito
pubblico italiano è al 160% circa del Pil, cioè il massimo toccato circa un
secolo fa, nel primo dopoguerra.
Allora fu l’azione decisa di Alberto De
Stefani, ministro delle finanze del primo governo Mussolini (composto da liberali,
fascisti, popolari e nazionalisti con all’opposizione socialisti e comunisti) a
dimezzarlo rapidamente (cosa per noi fantascientifica). Giovandosi sia della forte
ripresa dell’economia e del Pil che di una draconiana riduzione della spesa
pubblica, unite al pareggio di bilancio.
“Mutatis
mutandis”, un cammino di risanamento e di salvezza nazionale non è una
passeggiata, richiede forza politica in chi guida ed in chi sostiene.
L’attuazione del PNRR e delle connesse riforme è la strada da percorrere, combattendo
resistenze, inerzie ed il “particulare” che è la cifra del rapporto fra ogni
italiano, più o meno altolocato, e la cosa pubblica.
Occorreranno
alcuni anni, non uno soltanto. E quindi,
dopo il lavoro politico riformatore e realizzatore del 2022, che si
preannuncia difficile, una energia ed una determinazione ancora maggiore si
renderà necessaria, per proseguire l’attuazione del PNRR contro quanti diranno
basta ai presunti “sacrifici”. Oggi l’uomo chiamato a questa energia e
determinazione è Mario Draghi, naturalmente non da solo: per questo già fin da
ora chi crede in questo cammino deve agire. Contribuendo a fare delle elezioni
politiche del 2023 l’occasione in cui a Draghi, ed a quanti al governo lavorino
lealmente con lui senza “distinguo” e bandiere di partito (pochi purtroppo), giunga
il sostegno del voto popolare. Un atto di responsabilità e di fiducia di ogni
cittadino nel futuro dei propri figli.
Per
questo credo che possa e debba nascere un movimento PER DRAGHI ANCORA AL
GOVERNO. Che partecipi alle elezioni politiche 2023 con proprie liste,
chiedendo il voto per tre obiettivi.
Il primo è la continuazione da parte di Mario Draghi
del suo lavoro di capo del Governo, per portare a termine il programma
pluriennale del PNRR e delle riforme connesse alle pubbliche funzioni ed alla
vita economica e sociale.
Il
secondo è la necessità di favorire così la ricomposizione di quanto oggi appare
diviso: partiti e funzione nazionale, strutture pubbliche ed esigenze dei
cittadini, diritti di singoli e gruppi e relativi doveri, solidarietà sociale e
le varie espressioni della indispensabile iniziativa privata, libertà ed
eguaglianza di opportunità.
Il
terzo è la proposta di una riforma
costituzionale, che riduca il tasso di irresponsabilità elettoralistica sia dei
partiti che dei cittadini e favorisca potentemente la governabilità del Paese.
Io credo debba consistere nella scelta, con la procedura parlamentare e, se
richiesta, referendaria prevista dalla Costituzione, del semipresidenzialismo “alla
francese”. Perché può consentire una governabilità che riduca
significativamente la irresponsabilità di partiti e cittadini, che rende arduo
il raggiungimento degli obiettivi politici, civili e sociali fissati dalla
Costituzione.
Un
sogno ? Può darsi. Ma da tentare comunque, a rischio di essere svegliati.
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