Uno sguardo alla scena politica dopo il voto

A me paiono 5 i principali effetti del voto del 24 e 25 Febbraio. 1. Sconfitta (ennesima) inflitta dall'elettorato italiano al centro ed al centrismo. Questa volta si trattava di un centro quanto mai prima d'ora sponsorizzato (presidenza della Repubblica, autorità ecclesiastiche, sindacati, associazioni d'interesse, media, intellettuali ...) e, di conseguenza, quella inflitta è stata una sconfitta quanto mai eclatante. Monti ha preso meno di quanto nell'autunno scorso i sondaggi davano a Casini e Fini, e ne ha distrutto i partiti. Monti è più "sfasciacarrozze" di D'Alema. (La definizione è imprestata da Cacciari.) 2. Il 17% circa dei seggi parlamentari è stato conquistato da una forza antisistema.  (Vi rendete conto cosa sarebbe stato se il porcellum fosse stato sostituito con la proporzionale con premio a scalare e a vincolo di coalizione per lo meno a scalare?!) [Suggerisco di tener distinta la analisi delle cause del voto a Grillo da quella relativa alla forma ed alle scelte di questo attore politico.] 3. Il bipolarismo imperniato su Pdl e Pd è in questo momento l'unica istituzione politica democratica che, per quanto sotto pressione, tiene perché capace di raccogliere consenso presso gli elettori. 4. La Lega vince in Lombardia e con ciò è alla guida di tutte le amministrazioni regionali più importanti e delle regioni meno assistite al di sopra del Po. Ovvero della parte più dinamica e meno assistita del paese. E lo fa con il migliore Ministro degli Interni degli ultimi 30 anni. 5. ... ci torno su alla fine.   a. La nostra democrazia è in una situazione difficile, ma ne ha conosciute di peggiori, come quelle in cui i partiti antisistema avevano ben più del 17% dei seggi. (Faccio poi notare che dove gli attori politici del bipolarismo sono forti e la competizione è sanamente maggioritaria, pensiamo al caso delle regionali, i risultati di Grillo sono ben più modesti.) b. Sulla carta la risposta ad una situazione del genere è chiara: un governo di "grossa coalizione" vero, e ciò senza intrusi à la Monti (Dio ci scampi a Giuliano Amato). La risposta sarebbe un governo Bersani/Berlusconi. Il rischio molto probabile è però che il Pd, dopo aver inseguito Monti per 13 mesi ed una intera campagna elettorale, non sappia resistere al fascino del grillismo (e viceversa), come la FGCI della fine degli anni '70 non sapeva resistere al fascino del Movimento Studentesco e di Lotta continua (Togliatti, Longo, Berlinguer ... Veltroni, D'Alema, Bersani.) c. Il rischio non è solo quello della ingovernabilità (drammatico), ma anche quello del maturare e manifestarsi di un differenziale di governo effettivo apparente (basterebbe) e reale tra sopra e sotto il Po. L'esito belga è sempre meno remoto: l'Italia continuerebbe a svanire progressivamente come realtà politica. ... "5"  In tutto ciò il "cattolicesimo" politico, in una qualsiasi versione, è giunto al suo "grado zero". Siamo tornati ad una rilevanza politica inferiore addirittura a quella del "patto Gentiloni" (1913/2013). Merito della (in)cultura politica e più ancora etica e spirituale dei "valori non negoziabili" (non mi riferisco ai contenuti, che condivido, ma al modo di rappresentarli), dell'opportunismo vuotissimo di Todi, alla irrilevanza politica dei cattolici nel centro destra e nel centro sinistra. L'ultima chance è stata sprecata. Ce ne saranno altre - lo Spirito santo non va in vacanza -, ma non in questa fase socio-politica.  

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