Tonini sul Foglio interviene nel dibattito post-Armillei

10 ottobre 2012 - ore 10:08 Sportellate al Concilio del Pd / 4 Dietro la demonizzazione di Renzi c’è il fallimento dei popolari Alla vigilia della quarantaseiesima edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani (Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010), il Pd aveva organizzato un incontro di informazione e riflessione sull’evento. In quell’occasione, alla presenza di tutto lo stato maggiore del Pd, Bersani in testa, il vicepresidente del comitato organizzatore delle Settimane, il professor Luca Diotallevi, aveva detto provocatoriamente che ai cattolici italiani poteva interessare di confrontarsi con un partito politico, solo alla precisa condizione che si trattasse di un partito “a vocazione maggioritaria”, ossia un partito che si ponesse esplicitamente il problema di saldare la sua capacità di rappresentanza con quella di governo. E per il governo, Diotallevi aveva illustrato le proposte elaborate in vista della Settimana, raccolte in una “Agenda di speranza per il futuro del paese”, dal marcato carattere riformista: dalla riforma Ichino sul mercato del lavoro, ad una rivisitazione “forneriana” dello Stato sociale in chiave di equità intergenerazionale, fino a riforme istituzionali nel segno della “democrazia decidente”. Quell’assist formidabile, per il Pd e per i cattolici democratici nel Pd, fu accolto con imbarazzo e perfino fastidio: perché il Pd aveva da tempo gettato alle ortiche la sua vocazione maggioritaria (esemplare la liquidazione del “governo ombra”, decisa assai prima che Bersani diventasse segretario) e si stava impegnando in una opposizione al governo Berlusconi più all’insegna della rivolta morale che della proposta politica e programmatica. Una linea, sulla quale i leader di estrazione cattolica erano sempre qualche metro davanti e qualche decibel sopra agli altri. E così, quando Berlusconi cadde, inciampando sulla lettera della Bce e non sullo scandalo Ruby, né il Pd nel suo insieme, né tanto meno i leader di estrazione cattolica, avevano pronta un’Agenda credibile, affidabile e praticabile per il governo del paese. L’Agenda di speranza di Reggio Calabria era stata lasciata cadere, non aveva trovato un partito a vocazione maggioritaria e solidamente riformista in grado di farla propria. Arrivò l’agenda Monti. E le organizzazioni cattoliche si misero a cercare (e stanno ancora cercando) altrove. Si è arrivati al punto che oggi tutti gli ex-presidenti delle Acli ancora viventi, da Gabaglio a Bobba, militano nel Pd, mentre il presidente in carica, Andrea Olivero, è tra coloro che cercano altrove, magari nei dintorni del governo Monti, il luogo ove provare a realizzare quella famosa Agenda di Reggio Calabria. Invece di demonizzare Matteo Renzi, con un eccesso di reazione che denota cattiva coscienza, i leader cattolici democratici del Pd farebbero bene a mettere in campo una riflessione strategica sulla loro (nostra) funzione nel partito. E sul tragico errore commesso in questi anni nell’aver abbandonato le due chiavi che potevano dare senso politico al loro ruolo e avere benefici effetti sul Pd: la vocazione maggioritaria e il riformismo programmatico. Chissà, forse siamo ancora in tempo. di Giorgio Tonini (senatore del Pd)

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