Tempi supplementari

di Giorgio Armillei Lascia francamente perplessi il modo con il quale il PD sta reagendo all’iniziativa assunta con il documento Veltroni. Intendiamoci, è un’iniziativa che giunge con grande ritardo rispetto allo stato del PD, ai tempi supplementari o forse a tempo scaduto. Ma si tratta di un’iniziativa del tutto fisiologica all’interno di una visione moderna del partito politico. Il PD è infatti alle prese con una grande crisi di credibilità: la fisiologia di un partito aperto e competitivo impone, in questi casi, continui tentativi di scomposizione e aggregazione di alleanze. Impone correnti virtuose. Il partito aperto e competitivo, il partito degli elettori, è fatto di una leadership continuamente sotto esame. E non contempla i cerimoniali delle gestioni unitarie o delle rigide ripartizioni tra maggioranza e minoranza. Le sfide che nascono da questi tentativi sono necessarie per rimediare alla crisi e riprendere quota. In altre parole per tornare a rendere il PD un partito capace di aspirare al governo del paese. La crisi di credibilità è oggi segnalata da molti elementi, non ultimo il progressivo ritrarsi dell’elettorato PD entro un perimetro costituito principalmente dal pubblico impiego e da alcuni settori della grande impresa, privata e semipubblica. Una specie di partito della spesa pubblica e dei monopoli o quasi monopoli. In una fase in cui si allentano i legami tra classi sociali, partiti politici e comportamento elettorale due sole tendenze sembrano viceversa solidificarsi: il voto dei colletti bianchi della classe media al centrosinistra e quello dei piccoli imprenditori al centrodestra. E’ questo uno dei nodi che compongono la questione della vocazione maggioritaria. A questo proposito non c’è strategia ulivista che tenga. Il centrosinistra così come lo immagina l’attuale segreteria del PD è condannato a perdere, con qualsiasi configurazione dell’alleanza elettorale. La questione è stata posta recentemente in modo netto nell’incontro del PD con la Presidenza delle Settimane sociali dei cattolici. La risposta di Bersani è stata deludente. Ignorare la questione della vocazione maggioritaria significa, però, ignorare l’identità del PD per condannarlo all’irrilevanza. Ora è proprio sull’identità del PD che si gioca l’iniziativa di Veltroni. I fronti aperti sono – da tempo – gli stessi: quale leader (la questione del capo di cui parla Galli della Loggia nel suo editoriale di ieri); quale coalizione di interessi (la questione della conquista della centralità politica e non della rendita di posizione del ceto politico centrista); quale visione politica (la questione della rimozione delle illusioni del secolo socialdemocratico). Sui primi due fronti l’iniziativa di Veltroni è ancora del tutto sprovvista di risposte. Ma non si può certo scambiare un giudizio sul contenuto con una valutazione di legittimità. Il partito moderno e competitivo, che esiste in quanto può vincere le elezioni, è fatto di aggregazioni fluide, di legami deboli, di confini incerti. E’ un partito nel quale la sovranità spetta agli elettori e non alla direzione. Il partito organizzato, burocratico, dal processo decisionale lento ma solido è un ricordo del passato. Impossibile da far rivivere. Per ragioni sociali prima ancora che ideologiche. E’ su questa linea di frattura che ruota da due anni la storia del PD. A tutto vantaggio del centrodestra.

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