Soccorso rosso a capo verde, di Luciano Iannaccone


Breve riassunto della pagina twitter di  Matteo Salvini, a partire dagli ultimi tweet:

  • Genova, uccise la compagna a coltellate: pena ridotta a 16 anni: “non c’è delusione o gelosia che possa giustificare un omicidio. Chi ammazza in questo modo deve marcire in galera”;
  • “distinguo fra le persone perbene e quelle permale”: i cinque milioni di emigrati regolari regolarmente presenti “che pagano le tasse, portano rispetto e mandano i figli a scuola sono miei fratelli”. Rispedire invece a casa loro scippatori, spacciatori e delinquenti;

  • “spacciavano eroina e coca ai ragazzini”. Erano tutti richiedenti asilo: almeno due potranno essere espulsi grazie al decreto sicurezza. Tolleranza zero, la musica è cambiata;

  • a Parma arrestato nigeriano. Per chi si macchia di un crimine orrendo come la violenza su una bimba di otto anni castrazione chimica e, se straniero, espulsione;

  • video di un giovanotto in auto: “Odio Salvini” e “brucia la mia immagine: ecco il vincitore del premio Simpatia della settimana”;

  • il tema  lanciato dalla rivista Internazionale dopo che una lettrice si è lamentata di aspettare un figlio “da un becero che parla come Salvini”. “Surreale dibattito sul timore di “fare figli leghisti”: questi stanno impazzendo”;

  • “Alcune “democratiche” manifestanti a Firenze mettono la mia faccia nel MIRINO: Simpaticissimo. Pensate se lo avessero fatto in una manifestazione della Lega”;

  • “Fuck Salvini”. Scritta “Pure in inglese, anche a Bruxelles: idioti senza confini”;

  • Il vignettista Vauro incalza: “Purtroppo c’è chi nasce Salvini”;

  • Manifesto di TECNO RESISTENCE: con Salvini appeso a testa in giù;

  • La senatrice Pd Monica Cirinnà sorride compiaciuta reggendo il cartello: “Dio-Patria-Famiglia: che vita de merda”.

    Ed è solo un piccolo repertorio dal 13 al 10 marzo.

     

    Il ministro dell’interno ha degli ottimi professionisti che ne curano la immagine sui “social”.  Hanno anche il vantaggio di poter attingere a piene mani da cassonetti  in cui sono stipati idiozia, intolleranza e il razzismo della “differenza antropologica”. E tanta sfacciataggine, visto che Monica Cirinnà si diverte a giocare con la sintesi ideale di un uomo, Giuseppe Mazzini, che ha dedicato la sua vita a lottare per la rinascita civile e morale del popolo italiano.

     

    In questo modo i disastri del governo gialloverde, che purtroppo per noi stanno sempre più crescendo, sono in qualche modo nascosti dalla ricerca di sintonia tra Salvini e tanti italiani che il “soccorso rosso”, anziché scalfire, cementa. Un “soccorso rosso” che è arrivato anche alla London School of Economics, dove un drappello di avanguardisti ha contestato e poi inseguito Marco Minniti, che presentava il suo libro, accusato di aver “sdoganato la ferocia” nella sua gestione dell’immigrazione irregolare.

     

    Angelo Panebianco, nel suo importante articolo “L’America senza centro” sul “Corriere della Sera” del 13 marzo, ha scritto: “anche in Italia contrapporre l’estremismo dell’opposizione all’estremismo del governo potrebbe danneggiare gli oppositori. Quando era al governo, il Partito democratico (italiano), sia pure con fatale ritardo, era comunque riuscito a darsi (ministro dell’interno Marco Minniti) una vera politica dell’immigrazione, anche se molto diversa da quella di Matteo Salvini. Oggi il Pd dispone soltanto di  una manciata di slogan contro il razzismo. Ma se sai macinare solo slogan puoi forse oggi “vincere” in piazza (puoi mobilitare tanta gente) ma, quasi certamente, perderai domani le elezioni”.

     

    Bisognerebbe invece additare le gravi colpe della politica immigratoria di Salvini, a partire dalla latitanza  leghista sul tentativo di modifica del trattato di Dublino e dalla persistente assenza del Ministro dell’interno quando si cerca di impostare in Europa una politica dei confini comune, che proteggerebbe innanzitutto l’Italia. Per non parlare dei centri per le espulsioni e degli accordi fra Stati per i rimpatri, che non ha finora fatto e di cui si vorrebbe attribuire il merito di Minniti, la cui politica per il riconoscimento dell’asilo prima dell’accoglienza e di collaborazione con l’Onu e gli Stati africani non sembra avere avuto seguito.

     

    Invece le anime belle, in salotto o in manifestazione, si riempiono la bocca con il “razzismo” altrui, immaginario salvi casi isolati, e la presenza di  una visione responsabile e non propagandistica dei flussi migratori sembra sempre più flebile nel Pd. Si restringe a Minniti, a Calenda col suo rifiuto dell’ “accogliamo tutti”, alle Undici Tesi Riformiste di “libertà eguale” che alla settima ripropongono una politica migratoria selettiva, basata sull’accoglienza ai portatori di diritto d’asilo e sui “flussi” derivanti dalla domanda e offerta di lavoro (“opportunità, non diritto”), a non molto altro.

     

    Persino Renzi sembra abbia fiutato l’aria e non dice più, come affermava nel 2015 e 2016, che rimpatriare chi non ha diritto all’asilo non è una parolaccia. E soprattutto non ha nessuna intenzione di riconoscere gli errori dei  governi Letta-Alfano e Renzi-Alfano dall’inverno 2013/2014 in poi. Il dispiegato pattugliamento marittimo italiano ed europeo dopo la tragedia di Lampedusa 2013  trasformatosi per tre anni e mezzo in una ghiotta occasione per i trafficanti, con arrivi che dai 43.000 del 2013 si sono quadruplicati fin dal 2014, con un totale di quasi 700.000 persone sbarcate, la gran parte senza diritto d’asilo. E con una crescente protesta montata progressivamente nel Paese per lo stridente contrasto tra attenzione e risorse dedicate a questa emergenza  e il crescente disagio sociale di parte del Paese, colpito dalla più grave crisi economica del dopoguerra.

     

    Insomma, sulle politiche dell’immigrazione e della convivenza civile, così come sull’economia e sul lavoro, davanti alle rinascenti e minacciose fortune dello statalismo sfascista e alla oppressione burocratico-giudiziaria, anche l’Italia è senza centro. E’ possibile che un centro politico liberale sia nell’orizzonte e nelle speranze di molti impegnati nell’intrapresa economica, nella ricerca scientifica e  culturale, nelle organizzazioni tecniche,  sociali, sindacali. Ma non ne vediamo per ora espressioni politiche  significative, credibilmente fondate sui valori del liberalismo occidentale. Eppure l’Italia e l’Europa ne hanno bisogno, ora.

     

     

     


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