Questo presepe è incostituzionale per Huffington Post
di Stefano Ceccanti Se De Filippo dovesse riscrivere oggi la sua commedia sul Presepe potrebbe forse intitolarla oggi “Questo presepe è incostituzionale”. Ci eravamo infatti lasciati qualche mese fa col voto dell’Italicum alla Camera convinti che i problemi fossero forse le soglie di sbarramento (troppe e troppo alte) e le liste bloccate (peraltro corte, ammesse come tali dalla sentenza della Corte, sia pure senza indicare un numero). Nel frattempo è stata raggiunta un’intesa per unificare le soglie al 3% e per avere un compromesso sulle liste (capolista bloccato, altri con preferenze). Cose anch’esse opinabili, ma che rientrano nella gamma di possibili miglioramenti in un margine di apprezzamento ragionevole della politica. Ma proprio quest’ultimo rischia di apparire compromesso. Le audizioni di costituzionalisti in Commissione sono utilissime perché danno spunti utili per evitare errori ma non vanno prese per sentenze anticipate, se non altro perché spesso divergono tra di loro. La Corte avrà poi l’ultima parola, ma l’ultima non assorbe le prime, che possono oscillare dentro spazi non irrilevanti di scelta. La politica deve ascoltare tutti gli argomenti, ma ciò non la esime dallo scegliere dentro paletti che restano ampi. E qui ci sono perché lo dimostra la storia costituzionale. Le leggi elettorali per Camera e Senato sono nate divaricate alla Costituente: proporzionale quasi pura con preferenze alla Camera, sistema con collegi uninominali e più selettivo al Senato perché si chiudeva dentro la Regione e molte di esse avevano pochi seggi. Infatti i partiti minori andavano spesso da soli alla Camera e aggregati al Senato). Nel frattempo i Costituenti decidevano di non costituzionalizzare la proporzionale per il Parlamento mentre, quando vollero, lo fecero, ossia nel caso degli Statuti Speciali. La contestata legge con premio nel 1953 lo inserì solo per la Camera perché per il Senato la legge era già selettiva: fu criticata anche per ragioni presunte di costituzionalità, ma tra esse non rientrava quella della differenziazione col Senato. Nel 1993, dopo il referendum sul Senato, il Parlamento differenziò in maniera significativa le due leggi: due schede diverse per maggioritario e proporzionale alla Camera, una sola al Senato, diverso scorporo (parziale e totale) e così via. Anche in quel caso vi furono critiche di merito, ma non vennero sollevate questioni di costituzionalità. Ciò accadde invece nel 2005 ma perché i premi regionali al Senato tendevano a bilanciarsi tra di loro. Dopo la sentenza 1/2014, che a ben vedere ha solo chiesto una soglia minima per il premio e che le liste bloccate non siano lunghe (altri corollari si possono volendo anche proporre, ma sono ricostruzioni personali, non stanno dentro la sentenza,) è invece diventato normale, come nel Presepe di De Filippo, accusare tutto ciò che non si condivide di incostituzionalità. L’argomento per il quale, a Costituzione invariata, inserire il premio solo alla Camera sarebbe incostituzionale perché non garantirebbe la governabilità, ossia la ragione per cui si sacrifica in parte la proporzionalità, prova troppo. Siccome con due schede diverse per Camera e Senato, anche con due sistemi identici, persino se i diciottenni votassero anche al SEnato, la governabilità per principio non può essere garantita perché gli elettori potrebbero separare i voti, finirebbe col travolgere qualsiasi correzione alla proporzionale. Si finirebbe insomma per costituzionalizzare di fatto la proporzionale, scelta non fatta alla Costituente. Può essere una posizione culturale, ma non un obbligo per il legislatore, dato peraltro che il referendum del 1993 ha fatto un’altra scelta in senso opposto. In realtà il premio alla sola Camera non assicura la governabilità ma la incentiva comunque in modo decisivo: il vincente alla Camera sarebbe comunque inaggirabile, sarebbe comunque il perno del Governo. E questo da solo legittima la disproporzionalità. Qualora il sistema del Senato, voluto dalla Corte, e peraltro abbastanza selettivo (soglie del 3, 8 e 20 a livello regionale) non desse una maggioranza autosufficiente, il vincitore della Camera potrebbe poi cercare tra le minoranze uno o più alleati ritenuti più vicini. Esattamente come nei modelli discussi nella scorsa legislatura in cui, in un turno unico, veniva dato solo un incentivo di Governo alla prima lista o coalizione ma non veniva assicurata la maggioranza. Per questa ragione il Senato può tranquillamente approvare l’Italicum col premio alla sola Camera. Un Presepe ragionevole, almeno sul piano costituzionale.
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