Perché sì- quotidiano nazionale di oggi
Perché Sì. Il bivio tra decisione e impotenza di Stefano Ceccanti Nel marzo 1993, su spinta del movimento referendario, venne varata la legge sui sindaci che determinò su quel livello il passaggio dall’impotenza alla decisione come le distingueva Duverger: si varava al tempo stesso un sistema più democratico, perché gli elettori decidevano direttamente sul governo (dato che i partiti non erano più da tempo in grado di farlo), ed anche più efficiente perché il sindaco poteva essere valutato al termine di una consiliatura. Per le Regioni questa transizione fu operata in due tappe: nel 1995 con una riforma elettorale che garantiva una maggioranza al primo schieramento e nel 1999 con una riforma costituzionale che varava l’elezione diretta del Presidente della regione, mentre nel 1995 era solo indicato al Consiglio. Gli italiani che hanno qualche anno in più hanno presente l’enorme differenza tra i sindaci e i Presidenti prima e dopo quelle riforme: al netto delle diverse capacità di persone e schieramenti le regole hanno fatto una differenza enorme. Nessuna garantisce il governo migliore, ma queste specifiche regole permettono il massimo di responsabilità democratica come identificato da Popper: poter cacciare il giorno delle elezioni il governo che si sia dimostrato peggiore. Sul piano nazionale, al di là dei pregi e dei difetti delle leggi elettorali che si sono succedute, è sempre rimasto un ostacolo insormontabile, la fiducia legata a due Camere. Anche leggi elettorali quasi identiche (uguali non possono essere perché i deputati sono il doppio dei senatori) non possono garantire risultati identici. Solo alla Camera votano i 18-25 enni, che sono circa quattro milioni e mezzo e gli altri elettori possono decidere di dare due voti diversi tra Camera e Senato. In quattro elezioni su sei dal 1994 i risultati sono stati diversi. Se si vuole passare anche a livello nazionale dall’impotenza alla decisione questa riforma è quindi decisiva. Ad essa va abbinata una legge maggioritaria per la Camera, che sia l’Italicum o un’altra nuova. Se invece prevarrà il No avremo ancora due Camere che danno la fiducia, il Senato ha già una legge proporzionale risultante dalla sentenza del 2014 della Corte e ci sarebbe la spinta a proporzionalizzare anche la legge della Camera. Con l’attuale frammentazione e polarizzazione tra i partiti due voti entrambi decisivi per il Governo abbinati a leggi proporzionali possono produrre solo impotenza: o nella forma di elezioni a ripetizione perché non si sarebbe in grado di formare nessun governo o una coalizione eterogenea dal Pd fino a Berlusconi che favorirebbe la crescita ulteriore di forze populiste che avrebbero il monopolio dell’opposizione. La scelta è davanti a noi su questo punto fondamentale: tutto il resto è dettaglio.
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