L'articolo su L'unità di ieri sui diritti delle coppie di persone omosessuali

Diritti alle persone omosessuali: in nome dei legami sociali Diritto privato, non semplice autonomia privata di Stefano Ceccanti Il recente intervento di mons. Paglia ha contribuito a deideologizzare il clima sui diritti delle persone omosessuali. A ben vedere mons. Paglia ha ribadito il Magistero della Chiesa, il cui significato spesso si perde per interpretazioni troppo zelanti. Il Compendio della Dottrina Sociale critica l'intero fenomeno delle "unioni di fatto", ma le sfumature contano. Dal punto di vista legislativo, fermo restando che ripropone un modello di matrimonio indissolubile che dagli anni '70 non è più nel nostro ordinamento civile, critica la tendenza all' "eventuale equiparazione" tra unioni e matrimonio e non quindi una qualsiasi disciplina giuridica delle unioni. Anche il paragrafo 228, dedicato specificamente alle unioni omosessuali, ha l'obiettivo di distinguere queste ultime dalla famiglia fondata sul matrimonio, ferma restando la necessità di rispettare la dignità della persona omosessuale, obiettivo che non può non avere anche conseguenze giuridiche, soprattutto in una visione larga e non legalistica del diritto. La strada, per quanto riguarda l'Italia, è stata indicata dalla Corte Costituzionale che da vari anni, mentre ha provveduto direttamente a riconoscere singoli diritti sulla base dei casi concreti che le sono venuti all'esame, ha però invitato anche il legislatore a una regolamentazione sistematica sulla base dell'articolo 2 della Costituzione, riconoscendo le unioni di coppie dotate di una certa stabilità come "formazioni sociali" in cui si svolge la personalità. In ultimo, con la sentenza 138/2010, ha esplicitamente riconosciuto dentro quella categoria anche le unioni omosessuali: "In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri." Il PD ha individuato nel modello tedesco quello più sensato e di questo si discuterà attentamente. Nel frattempo, però, è bene sgombrare il campo da due nozioni che non sono di aiuto. La prima è quella di "diritti individuali" che ci porta fuori strada: la persona a cui si dovrebbero riconoscere diritti (e imputare doveri) rientra in tale ambito non solo perché è un individuo ma perché fa parte di una stabile convivenza. Anche nella famiglia i diritti sono individuali, non vengono attribuiti all'entità astratta, ma sono riconosciuti agli individui che ne fanno parte. Per di più la nozione non aiuta perché l'art. 2 della Costituzione ci spinge ad una tutela non per rispondere a esigenze individuali, ma perché si riconosce a quelle convivenza una funzione di rafforzamento dei legami sociali. Sarebbe ben strano affermare una dimensione puramente individuale proprio quando ci si impegna per non ridurre le relazioni sociali a mera proiezione della volontà individuale. L'altra nozione ambigua, in questo caso da chiarire, è quella di un riconoscimento di "diritto privato". Se si vuol dire che non va fatta una legge e che tutto è rinviato all'autonomia privata, ad accordi tra singoli, è chiaro che i diritti non sono riconosciuti perché non sono opponibili a terzi, ma questo non è "disciplina dei diritti e dei doveri", è uno spazio già disponibile all'autonomia contrattuale dei privati: una strada del tutto divaricante rispetto a quanto sostenuto dalla Corte. Il diritto privato vuol dire che ci sono norme, che ci sono leggi e quindi che c'è una disciplina giuridica che finisce nella casella "diritto privato" perché qui non ci occupiamo di Governo e di Parlamento. La famiglia fondata sul matrimonio fa parte anch'essa del diritto privato. Vogliamo che queste relazioni stabili, in modo diverso dalle famiglie, facciano però parte della stessa zona, il diritto privato, oppure no? La Corte ci dice che siamo tenuti a farlo, che non possiamo restare nella sola autonomia dell'autonomia contrattuale dei privati. Il sostantivo diritto viene prima dell'aggettivo privato e passa per l'articolo 2 della Costituzione.

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