La recensione del mio libro su "Coscienza", di Marco Paolino

Stefano Ceccanti Al cattolico perplesso. Chiesa e politica all’epoca del bipolarismo e del pluralismo religioso Borla, 2010 Protagonista delle vicende del cattolicesimo democratico italiano degli ultimi trenta anni, partendo dalla sua militanza nella FUCI e nella Lega Democratica per giungere oggi al Partito Democratico, Ceccanti ripercorre nel volume esperienze della sua vita che si intrecciano con momenti significativi della storia dei cattolici italiani. Il rapporto conflittuale con la Democrazia Cristiana nel corso degli anni Ottanta; la scelta del lavoro ecclesiale e pre-politico visto come preparazione ad un futuro e più diretto impegno in politica; la fine negli anni Novanta dell’unità politica dei cattolici considerata non come un male ma come un fenomeno inevitabile nell’ambito di una democrazia matura e come una conseguenza dell’adozione di un sistema elettorale maggioritario; sono tutte tappe del cammino che Ceccanti ha vissuto all’interno del cattolicesimo democratico italiano. Alla base del volume vi sono interrogativi relativi al rapporto della fede con la politica e con la democrazia. Aspetti fondamentali della concezione del cristianesimo che Ceccanti fa propria sono: il richiamo alla lezione conciliare e al valore del dialogo, che nasce dalla consapevolezza che non si può pensare di “detenere da soli” le formule per costruire il futuro; la convinzione che la democrazia si ispira al “principio del non appagamento” (per usare un’espressione di Aldo Moro); la predilezione per la “ricerca di sintesi condivise” e la contrarietà per le “affermazioni identitarie isolate”; la consapevolezza della difficoltà di trovare soluzioni dei problemi antropologici, che consentano alla Chiesa Cattolica al contempo di non indulgere alle “mode del momento” e di non imboccare la ricerca di certezze che siano caratterizzate - per così dire - “in negativo”. Ceccanti non condivide l’uso distorto e fondamentalista della Parola, uso che potrebbe portare all’errore di voler fare a meno delle indispensabili mediazioni derivanti sia dal “confronto con i portatori di altri principi”, sia dalla consapevolezza che in qualsiasi decisione sono compresenti principi che possono anche essere confliggenti, ma che vanno necessariamente armonizzati per impedire che qualcosa di loro vada perso. Una concezione alta della “cultura della mediazione”, quella di Ceccanti, che si ricollega alla migliore tradizione del cattolicesimo conciliare: “la mediazione non va giustificata in quanto male minore”, che va accettato perché in caso contrario o vi sarebbe “un male maggiore per la comunità ecclesiale” o perché da forme di massimalismo etico deriverebbero condizioni di “minoranza ancora più accentuata” (p. 93). In realtà dalla collaborazione con chi la pensa in maniera diversa nasce l’occasione per comprendere in maniera migliore quelle che sono le strade da percorrere per realizzare quello che Ceccanti chiama il “bene comune storicamente possibile”. Marco Paolino (pubblicato in “Coscienza”, Maggio Giugno 2011, p. 60)

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