La lezione di Margaret Thatcher
L’avevamo capito subito che non era difficile scegliere tra il sinistrismo laburista di Michael Foot e la voglia di cambiamento di Margaret Thatcher. Anche l’azione militare nelle Falkland aveva le sue ragioni, ma lì dovemmo attendere l’invasione del Kuwait per riabilitare a sinistra, aggiornandoli al quadro contemporaneo, il concetto di guerra giusta e quello di uso della forza per l'applicazione del diritto internazionale. Ma che Margaret Thatcher fosse una vera riformista non lo capimmo subito. Una riformista di destra che aveva la meglio sull’incredibile conservatorismo politico e sindacale della sinistra. E quindi riformista punto. Se il riformismo è solo a destra e si è riformisti non c’è scampo. Il riformismo va riconosciuto lì dove è, non dove vorremmo che fosse ma purtroppo non è. Una riformista molto più forte di Reagan, al quale viene associata per le grandi novità della politica internazionale in quella straordinaria terza ondata di democratizzazione globale che li vide protagonisti insieme a Giovanni Paolo II. Una riformista più forte di Reagan perché più forte era il sistema istituzionale e di governo di cui disponeva, probabilmente il sistema di governo più efficace delle democrazie avanzate. Ovviamente anche Margaret Thatcher ha commesso molti errori e il suo non è il solo riformismo possibile, come hanno poi dimostrato Bill Clinton e Tony Blair. Fece crescere il livello di centralismo dell’assetto di governo, un centralismo che curiosamente finì con l’essere una delle cause della sua caduta. Un centralismo al quale cercò di porre rimedio nella sua lunga stagione di governo Tony Blair, non senza insuccessi. E i cui effetti in qualche modo tornano oggi a vedersi nella richiesta di referendum sull’indipendenza della Scozia. Fu l’ultimo leader tory ad avere coraggio sul tema dell’allora ancora Comunità europea, anche se non seppe andare sino in fondo. Major completò l’opera ma molti nodi rimasero aperti, naturalmente anche per colpa dei player continentali. Non lavorò per creare un equilibrio di governo dell’Unione anche se riuscì a contenere l’egemonia di Framania. Ancora oggi l’Unione europea senza la Gran Bretagna rischia, ad ogni passo, di trasformarsi in un monumento al dirigismo. E Cameron oggi finisce per fare lo stesso tipo di errore partendo da una soglia molto più bassa e dovendo contrastare un sostanzioso antieuropeismo interno. Liberalizzò mercati e società con un indubbio successo nell’indicare la direzione di marcia. Blair giustamente la seguì, come lui stesso riconosce oggi, pur operando significative correzioni di rotta. Troppo facile prendersela con Margaret Thatcher per la crisi del 2007 frutto, al contrario, di una intrusione invasiva della politica e dei suoi interessi nei mercati e nella loro regolazione. Lezioni per la sinistra italiana? Moltissime, abbondantemente conosciute ma mai praticate con radicalità. Abbandonare i vecchi idoli, avere il coraggio di cambiare e rischiare per questo. Anche tutto, anche la ditta se la posta in palio è the country. Sperando che la destra italiana produca, chiudendo la triste fase attuale, qualcosa di simile.
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