il suo pontificato sarà collegiale come mai prima- La presse intervista padre Sorge

INTERVISTA AL PADRE SORGE   «Noi gesuiti non possiamo diventare né monsignori, né vescovi, infatti facciamo voto di rifiutare ogni dignità ecclesiastica. Tanto meno, dunque, era prevedibile che un gesuita divenisse papa! Ovviamente, capita ogni tanto che i papi facciano vescovo o cardinale qualche gesuita, com'è avvenuto, per esempio, con il card. Martini. Ma, in questi casi il Sommo Pontefice deve sospendere le nostre Costituzioni. E il papa certamente lo può fare!». Sono le parole di un altro gesuita, padre Bartolomeo Sorge, già direttore di Civiltà Cattolica e direttore emerito della rivista Aggiornamenti Sociali, che rifiuta ogni dietrologia nel leggere l'elezione di Papa Bergoglio. «L'elezione di un pontefice è sempre imprevedibile – dice Sorge – e, per noi che abbiamo fede, non si può mai spiegare solo con i "giochi" di potere o in base a criteri unicamente umani. In particolare nel nostro caso, non si può spiegare solo con giustificazioni razionali il fatto che il nuovo Papa sia un gesuita, si sia chiamato Francesco, e che il 266° successore di Pietro sia il primo Papa sudamericano. A questo punto, il fatto che sia gesuita ha un valore relativo. Non conta più l'appartenenza a un Ordine religioso. Quando un religioso entra a far parte della Gerarchia ecclesiastica, giuridicamente cessa di appartenere al suo Istituto, anche se ovviamente ne conserva la spiritualità. Ciò appare appunto anche nel caso del Papa Francesco, che fin dai suoi primi gesti ha mostrato di aver assimilato a fondo lo spirito degli Esercizi di sant'Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Sono "gesti" che, in realtà, rivelano un tipico "retroterra spirituale"». E' la stessa spiritualità che nella storia dell'Ordine più culturale della Chiesa, negli anni del Concilio Vaticano II, ha condotto la Compagnia, sotto la guida dello spagnolo padre Pedro Arrupe, a compiere la scelta per la giustizia e in favore degli ultimi della società, proprio mentre si sviluppavano le diverse tendenze della Teologia della Liberazione. Sembra che anche Bergoglio aderisse a questo orientamento teologico e che per questo venisse criticato, insieme con il padre Arrupe, da parte dei prelati sudamericani più conservatori. «Ma oggi – prosegue il padre Sorge – l'elezione al pontificato del card. Bergoglio serve a far rinascere la speranza che il rinnovamento della Chiesa, voluto dal Concilio e attualmente interrotto, riprenda forza e vitalità. E' significativo che Papa Francesco, nelle brevi parole dette subito dopo l'elezione, abbia parlato sempre di "Chiesa di Roma" che presiede alle altre Chiesa nella carità. Questa consapevolezza fa pensare che possa preludere alla realizzazione di quella "collegialità" che il Concilio prevede e che ancora non è stata realizzata. In un mondo globalizzato, un uomo solo, per quanto santo e intelligente, non può più governare una Chiesa di oltre un miliardo di fedeli, senza l'aiuto di un organismo autorevole che, nel pieno esercizio della collegialità episcopale sostenga il Papa. Non si tratta affatto di mettere in discussione il primato del Pontefice, ma, come scrisse Giovanni Paolo II, di rivedere il modo di esercitare il ministero petrino: perché – si è chiesto il Concilio – voluto da Cristo per essere al servizio dell'unità, il primato è diventato invece motivo di divisione? Papa Francesco lascia ben sperare che finalmente si troverà un modo più evangelico di esercitare il ministero petrino! Tante cose si dovranno semplificare e rinnovare, a cominciare dalla Curia Romana, che anziché aiutare il Papa, troppo spesso finisce con accrescere le difficoltà». A Benedetto XVI non succede un ratzingeriano come Schonborn o come Scola, ma un papa che nel precedente conclave fu il maggior «competitor» di Ratzinger. Nel 2005, a determinare l'elezione del successore di Giovanni Paolo II, era stato il gesuita Carlo Maria Martini. Sorge non dice se ciò abbia avuto qualche influsso sui cardinali riuniti nella Cappella Sistina per l'elezione del nuovo papa. Viene però da chiedersi se la scelta del cardinale argentino di origini italiane sia stata voluta nel segno di una discontinuità o addirittura come giudizio non positivo sugli 8 anni precedenti di governo della Chiesa. Nemmeno questo, però è per il padre Sorge il vero punto su cui concentrarsi per capire il vero significato della elezione di Papa Francesco. «La elezione di Papa Francesco – spiega Sorge – va vista, nello stesso tempo, in continuità e in discontinuità con la rinuncia di Benedetto XVI.  Quello di Papa Ratzinger è stato un pontificato crocifisso. Ma il vero significato della croce è nella risurrezione. La "passione e la crocifissione" di Benedetto trovano il loro pieno significato nella "risurrezione" portata da Francesco. Da un alto, dunque, c'è continuità tra i due pontificati, dall'altro però c'è una forte discontinuità: quella appunto che  intercorre tra la crocifissione e la vita nuova della risurrezione». Tuttavia, Bergoglio non ha fatto in tempo ad affacciarsi alla vetrata di San Pietro e a conquistare il cuore di tutti, che già qualcuno ha voluto rispolverare una vecchia accusa contro di lui, riferita al tempo della dittatura in Argentina, quando egli era superiore dei gesuiti. «Si tratta di una vecchia accusa – puntualizza padre Sorge – ormai definitivamente smontata! P. Bergoglio non voleva – giustamente – che alcuni gesuiti s'impegnassero attivamente nella lotta al regime di Videla, come chiedevano. Di conseguenza, due gesuiti lasciarono l'Ordine, ma appena dimessi vennero fermati dalla polizia politica. Il Padre provinciale fu accusato di aver egli stesso suggerito quell'arresto. Un'accusa e una calunnia infamante. Al contrario è stato ormai storicamente documentato, come risulta dagli atti stessi della Giunta militare, che Bergoglio si recò personalmente da Videla per chiedere il rilascio e il passaporto per i due ex gesuiti. Tant'è vero che questa sua azione coraggiosa gli valse la stima sia dei dirigenti del movimento per i diritti umani, sia del movimento delle Madri di Plaza de Mayo, che, com'è noto, non sono mai state tenere nei confronti dei vescovi argentini. E' universalmente riconosciuto quanto Bergoglio fece in difesa dei perseguitati dal regime. Di queste cose ho avuto personalmente notizia nei due o tre lunghi periodi, che durante l'estate, ho trascorso a Buenos Aires, presso il Centro di Studi e di azione sociale dei Gesuiti». Dalle parole di Sorge par di capire che Bergoglio si sia sempre tenuto lontano da interventi  politici propriamente detti e dalle spinte militanti di una certa Teologia della Liberazione, agendo in fedeltà all'insegnamento sociale della Chiesa e seguendo la guida del Padre Arrupe. Ciò, però, non gli impedì di compiere la scelta preferenziale dei poveri, compiuta dalla Terza Assemblea Generale dell'episcopato latino-americano a Puebla (1979). «Bergoglio – commenta padre Sorge, che a Puebla lavorò nella VI commisione, dedicata appunto allo studio della Teologia della Liberazione – non avrebbe mai potuto abbracciare le tendenze marxiste di alcune forme di Teologia della Liberazione, ma – come fecero del resto anche Helder Camara, mons. Oscar Romero e la stessa Assemblea di Puebla – aderì profondamente alla dottrina evangelica della liberazione portata da Cristo, che è venuto a liberare l'uomo dal peccato e dalle strutture imgiuste, consegnuenza del peccato». I primi passi di papa Francesco lasciano prevedere che egli resterà fedele a questa sua linea pastorale anche nel nuovo ruolo, che lo Spirito gli ha affidato, di guida della Chiesa cattolica.              

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