Il Pane

Perché il pane?

Perché ho frequentato, praticato e pratico ancora (per quanto possibile) tutto il ciclo del pane. Dalla semina al raccolto, al mulino, all'impasto, al forno. E continuo ancora oggi a fare il pane. È un esempio bellissimo di integrazione: molte persone collaborano in luoghi e tempi diversi. L'ambiente è coinvolto non solo nella coltivazione della terra ma anche nel ruolo di lieviti e batteri. Il “lievito madre" si scambia tra vicini perché continui a vivere ed essere usato. Il verbo "impastare" è soft ma la tecnica manuale è una vera lotta, l'impasto va preso a pugni.

Durante questi mesi di ‘lockdown’ ho vissuto una contraddizione: tenevo una colonia di batteri in frigorifero, il “lievito madre” che nutrivo attento a non farlo morire, e nello stesso tempo disinfettavo le mani e anche gli oggetti.

Un accenno al vino. Anche il vino racchiude l'integrazione con in più il valore del limite. La fermentazione s'interrompe e i lieviti muoiono quando l'alcol diventa troppo.

Mi dispiace per gli estimatori ma il “Laurus” non è un prodotto "naturale".

 

Gen 3,19

Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai! [1]

Quella del Libro della Genesi non è una maledizione (cfr. T. Bartolomei, 2019) ma la descrizione del patto che Dio vuole che ci sia tra l'umanità e la natura. E per evitare fraintendimenti il patto non è stabilito tra esseri viventi "superiori" ma con quanto pensiamo sia di nessun valore e persino fastidiosa: la polvere. Non ci sono esclusi dal patto.

 

Es 16,2-4

Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi …». [2]

Non ce la passavamo così male, prima del COVID19, ma siamo stati costretti a isolarci fisicamente. E ci hanno tolto pure il Pane Eucaristico. Siamo stati agli "arresti domiciliari" ma anche gli Ebrei si trovarono nel deserto (ἐν τῇ ἐρήμῳ), deserto che De Andrè chiama "una prigione senza confini" (F. De Andrè, 1970).

 

Dt 8,2-3

Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. [3]

E nel deserto vorremmo prendere una scorciatoia per tornare là dove eravamo partiti. Alla Terra Promessa gli Ebrei preferiscono ciò che conoscono e che li ha saziati. Quello che c'era prima e che conosciamo è rassicurante. Abbiamo paura della novità di Dio. Ecco il pane dal cielo: la Parola in azione che genera l'ignoto. Quando ci mettiamo in difesa assoluta dell'esistente (che cosa è la disinfezione o, meglio, la sterilizzazione?) ci allontaniamo da Dio creatore.

 

Mt 4,3

Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane». [4]

E nel deserto c'è anche una seconda scorciatoia: direttamente dalle pietre al pane: posso chiamarlo "fast food" o “take-away”? Il pane è il risultato di un processo di integrazione nel tempo e nello spazio, non è un bottino dell'incursione di Dio nel mondo.

 

Gv 6, 47-53

In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. [5]

Gv 6, 54-58

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» [6]

Il brano di Giovanni è quello della Solennità del Corpus Domini. E si parla ancora di pane disceso dal cielo. Di questo testo voglio segnalarvi un aspetto linguistico, trascurato dalle traduzioni. In tutto il testo, in italiano, troviamo sempre il verbo ‘mangiare’ (manducare nella Vulgata). Nel testo greco il verbo cambia. Nella prima parte (47-53) il verbo tradotto con "mangiare" ('manducare' nella Vulgata) è 'ἐσθίω/ἔδομαι/φαγεῖν'. Nella seconda parte (54-58), in risposta alle critiche, il verbo greco si fa concreto, diventa 'τρώγω' (evidenziato nella traduzione) tranne in un caso (quando si parla della manna). Il verbo 'τρώγω' non è mai usato nei Vangeli tranne in Mt 24,38 (quando si parla del diluvio che coglie all'improvviso quelli che mangiavano e bevevano). Il Vangelo di Giovanni è considerato quello più attento agli intellettuali del tempo. Immaginiamo di essere un gruppo di intellettuali sospettosi (di quelli che storcono il naso se non distingui ‘politics’ da ‘policy’) che ascoltano Gesù. Dopo le parole di Gesù questi intellettuali cominciano a borbottare. E Gesù risponde loro: "forse non mi sono espresso bene” e cambia verbo quando il cibo è lui stesso. Provate a rileggere questo testo utilizzando (dove è evidenziato) il verbo 'masticare' al posto di "mangiare". Il messaggio vuole essere chiaro, soprattutto per gli intellettuali. Non siamo davanti a una proposta, filosofica o magica, di un pane celeste. Quanto siamo disposti a essere uomini e donne come Gesù, in carne e sangue, come lo è stato Dio?

Camaldoli, 17 luglio 2020

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Bartolomei, Teresa Dove abita la luce?: Figure in cammino sulla strada della parola, Ed. Vita e Pensiero, 2019.

De Andrè, Fabrizio Il ritorno di Giuseppe in La Buona Novella, Produttori Associati, 1970.

 

[1] ἐν ἱδρῶτι τοῦ προσώπου σου φάγῃ τὸν ἄρτον σου ἕως τοῦ ἀποστρέψαι σε εἰς τὴν γῆν ἐξ ἧς ἐλήμφθης ὅτι γῆ εἶ καὶ εἰς γῆν ἀπελεύσῃ

[2] διεγόγγυζεν πᾶσα συναγωγὴ υἱῶν Ισραηλ ἐπὶ Μωυσῆν καὶ Ααρων καὶ εἶπαν πρὸς αὐτοὺς οἱ υἱοὶ Ισραηλ ὄφελον ἀπεθάνομεν πληγέντες ὑπὸ κυρίου ἐν γῇ Αἰγύπτῳ ὅταν ἐκαθίσαμεν ἐπὶ τῶν λεβήτων τῶν κρεῶν καὶ ἠσθίομεν ἄρτους εἰς πλησμονήν ὅτι ἐξηγάγετε ἡμᾶς εἰς τὴν ἔρημον ταύτην ἀποκτεῖναι πᾶσαν τὴν συναγωγὴν ταύτην ἐν λιμῷ εἶπεν δὲ κύριος πρὸς Μωυσῆν ἰδοὺ ἐγὼ ὕω ὑμῖν ἄρτους ἐκ τοῦ οὐρανοῦ

[3] καὶ μνησθήσῃ πᾶσαν τὴν ὁδόν ἣν ἤγαγέν σε κύριος θεός σου ἐν τῇ ἐρήμῳ ὅπως ἂν κακώσῃ σε καὶ ἐκπειράσῃ σε καὶ διαγνωσθῇ τὰ ἐν τῇ καρδίᾳ σου εἰ φυλάξῃ τὰς ἐντολὰς αὐτοῦ οὔ καὶ ἐκάκωσέν σε καὶ ἐλιμαγχόνησέν σε καὶ ἐψώμισέν σε τὸ μαννα οὐκ εἴδησαν οἱ πατέρες σου ἵνα ἀναγγείλῃ σοι ὅτι οὐκ ἐπἄρτῳ μόνῳ ζήσεται ἄνθρωπος ἀλλἐπὶ παντὶ ῥήματι τῷ ἐκπορευομένῳ διὰ στόματος θεοῦ ζήσεται ἄνθρωπος

[4] καὶ προσελθὼν ⸂ὁ πειράζων εἶπεν αὐτῷ⸃· Εἰ υἱὸς εἶ τοῦ θεοῦ, εἰπὲ ἵνα οἱ λίθοι οὗτοι ἄρτοι γένωνται.

[5] ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, ⸀πιστεύων ἔχει ζωὴν αἰώνιον. ἐγώ εἰμι ἄρτος τῆς ζωῆς· οἱ πατέρες ὑμῶν ἔφαγον ⸂ἐν τῇ ἐρήμῳ τὸ μάννα⸃ καὶ ἀπέθανον· οὗτός ἐστιν ἄρτος ἐκ τοῦ οὐρανοῦ καταβαίνων ἵνα τις ἐξ αὐτοῦ φάγῃ καὶ μὴ ἀποθάνῃ· ἐγώ εἰμι ἄρτος ζῶν ἐκ τοῦ οὐρανοῦ καταβάς· ἐάν τις φάγῃ ἐκ τούτου τοῦ ἄρτου ⸀ζήσει εἰς τὸν αἰῶνα, καὶ ἄρτος δὲ ὃν ἐγὼ δώσω σάρξ μού ⸀ἐστιν ὑπὲρ τῆς τοῦ κόσμου ζωῆς. Ἐμάχοντο οὖν πρὸς ἀλλήλους οἱ Ἰουδαῖοι λέγοντες· Πῶς δύναται οὗτος ἡμῖν δοῦναι τὴν σάρκα ⸀αὐτοῦ φαγεῖν; εἶπεν οὖν αὐτοῖς Ἰησοῦς· Ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, ἐὰν μὴ φάγητε τὴν σάρκα τοῦ υἱοῦ τοῦ ἀνθρώπου καὶ πίητε αὐτοῦ τὸ αἷμα, οὐκ ἔχετε ζωὴν ἐν ἑαυτοῖς.

[6] τρώγων μου τὴν σάρκα καὶ πίνων μου τὸ αἷμα ἔχει ζωὴν αἰώνιον, κἀγὼ ἀναστήσω αὐτὸν τῇ ἐσχάτῃ ἡμέρᾳ. γὰρ σάρξ μου ⸀ἀληθής ἐστι βρῶσις, καὶ τὸ αἷμά μου ⸁ἀληθής ἐστι πόσις. τρώγων μου τὴν σάρκα καὶ πίνων μου τὸ αἷμα ἐν ἐμοὶ μένει κἀγὼ ἐν αὐτῷ. καθὼς ἀπέστειλέν με ζῶν πατὴρ κἀγὼ ζῶ διὰ τὸν πατέρα, καὶ τρώγων με κἀκεῖνος ⸀ζήσει διἐμέ. οὗτός ἐστιν ἄρτος ⸀ἐξ οὐρανοῦ καταβάς, οὐ καθὼς ἔφαγον οἱ ⸀πατέρες καὶ ἀπέθανον· τρώγων τοῦτον τὸν ἄρτον ⸀ζήσει εἰς τὸν αἰῶνα.

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