Il mio commento sul Quotidiano Nazionale su legge elettorale, sostituzioni e fiducia

Realtà capovolta Stefano Ceccanti NELLE DEMOCRAZIE parlamentari i soggetti chiave della vita politica sono i gruppi, i quali di norma sono la proiezione di forze politiche organizzate che si assumono una responsabilità collettiva, anzitutto di sostenere un governo o di collocarsi all’opposizione. I partiti e i gruppi devono avere certo una vita democratica interna che lasci ampio spazio a singole individualità e a minoranze, senza nascondere le differenze, come accadeva invece col cosiddetto centralismo democratico. In un partito molto complesso e talora anche un po’ anarchico come la Dc era certo possibile dimettersi da ministri come fece il Presidente Mattarella per una critica frontale a una legge, ma dopo nessuno dubitava di dover votare la fiducia posta su quella medesima legge anche per precludere il voto segreto. Ora invece, con uno strano capovolgimento della realtà, soprattutto coloro che erano stati educati al centralismo democratico contestano la legittimità di scelte che sono invece logiche in un sistema parlamentare. Se un gruppo si riunisce e decide a maggioranza di votare una legge ne consegue che i membri di una Commissione, che sono designati da quel gruppo in sua rappresentanza, dovrebbero votare per lealtà sulla base della scelta. Altrimenti a che servirebbero le riunioni? è solo perché questo dato, che dovrebbe essere scontato, viene invece messo in discussione che si pone il problema di sostituire i dissenzienti. Si tratta di un rimedio di emergenza rispetto a una questione che non dovrebbe neanche sorgere. Lo stesso problema si pone sulla fiducia. La legge elettorale è lo strumento con cui i cittadini, titolari della sovranità, ne trasferiscono l’esercizio ai rappresentanti: di conseguenza i cittadini dovrebbero poter sapere come essi votano proprio su quello strumento, assumendosene la responsabilità. Il Regolamento della Camera consente però a trenta deputati di chiedere e ottenere il voto segreto, anche sul punto chiave: il premio non a una coalizione ma alla prima lista, senza possibilità di mercanteggiamento tra un turno e l’altro. Se i deputati non chiedessero il voto segreto la questione sarebbe discutibile, ma rispetto al tentativo di scardinare nell’ombra la legge sul punto che per il governo è di vita o di morte per la coerenza degli esecutivi futuri è difficile negare che a quel punto la fiducia sia una legittima difesa.

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