Gli studiosi americani scelti dal Congresso e la crisi

Gli studiosi Democratici e Repubblicani scelti dal Congresso cercano i colpevoli della crisi: nessuno indica i soli meccanismi di mercato... Per chi lo desidera è disponibile l'autorevolissimo rapporto di inchiesta della Commissione di esperti nominata dal Congresso Usa sulle cause della crisi finanziaria. Lo potete chiedere a claudiamaria.zaffino@senato.it Si tratta di 662 pagine, ma in realtà quelle decisive mi sembrano una trentina. Ci sono anzitutto le Conclusioni della maggioranza della Commissione pagg. XV/XXXII (ovvero, per dare l'ordine di stampa, da 15 a 28, la numerazione del rapporto è sfalsata rispetto a quella delle pagine per la stampa), cioè quelle dei sei esperti democratici. Come chiunque può notare le cause principali non vengono affatto individuate in difetti interni ai meccanismi di mercato, ma in errori delle autorità di regolazione, in primis della Federal Reserve che non hanno usato bene i poteri di cui dispongono (pag. XVIII) e, in parte significativa ma minore, alle scelte politiche delle Amministrazioni Clinton (esclusione nel 2000 dei prodotti derivati dalla regolamentazione della finanza- pag. XXIV) e Bush (politiche contraddittorie, pag. XXVII). Gli esperti Repubblicani dal canto loro formulano due opinioni dissenzienti, in realtà non troppo dissimili. La prima, sottoscritta da tre membri, il cui passaggio-chiave è a pag. 416 (per la stampa 444), è più un attacco professorale alla presunta carenza di rigore teorico altrui (confusione tra cause ed effetti, sottovalutazione del contesto internazionale) che una posizione radicalmente diversa, anche se poi, in sostanza, tra le righe, si fa capire che la colpa più che della Fed sarebbe delle politiche governative (pag. 424, per la stampa 452, e pag. 413, per la stampa 459). Insomma gli imputati sono gli stessi, ma si capovolgono le responsabilità tra di loro. La seconda opinione dissenziente, dell'ultimo repubblicano, è un pò più radicale in questa direzione, non solo perché mette sotto accusa le politiche pubbliche sulla casa, ma anche perché prende di mira direttamente e frontalmente la legislazione volta da Obama perché troppo intrusiva nei confronti del mercato (pag. 533, per la stampa 561). Di conseguenza del dibattito italiano sui presunti fallimenti del mercato lasciato a se stesso che giustificherebbero di conseguenza una ricetta statalista non si trova traccia nel dibattito americano, né a sinistra né a destra... Se gli americani hanno ragione e se quindi il problema è di un diverso rapporto poliarchico tra politica, mercato e autorità di regolazione, non è affatto contraddittorio con la persistenza della crisi il fatto che le sinistre europee più stataliste perdano le elezioni...

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