Flavio Felice su Europa di oggi su Fassina e l'insegnamento sociale della chiesa

Fassina rilegga Benedetto Venerdì L’Unità ha pubblicato un interessante articolo di Stefano Fassina, dall’eloquente titolo: «Il pensiero cattolico può aiutare il Pd a vincere il liberismo». L’autore auspica un fertile rapporto tra cultura socialdemocratica e dottrina sociale della Chiesa nella prospettiva di un superamento del liberalismo. Se sono intervenuto nel dibattito è per aver letto la replica di Stefano Ceccanti, pubblicata da Europa il 18 febbraio e intitolata: «Gli errori di Fassina». La replica di Ceccanti, che condivido, contesta il «superamento a ritroso» auspicato da Fassina e sottolinea l’originalità del magistero sociale di Benedetto XVI proprio nel suo rapporto con il liberalismo. In tal modo, mi permetto di sottolineare una linea interpretativa da proporre all’onorevole Fassina. Premesso che, al pari degli altri documenti magisteriali, la Caritas in veritate di Benedetto XVI non vuole essere un trattato di economia, bensì un documento teologico-pastorale le cui argomentazioni si situano nel punto di congiunzione tra le scienze sociali e l’antropologia cristiana che le giudica e le raccorda, la Dottrina sociale della Chiesa si relaziona alle scienze sociali e mira a raccordarle attorno a questa antropologia. La nozione di mercato che ci viene presentata da Benedetto XVI è sotto molti aspetti abbastanza prossima all’analisi di uno dei padri dell’economia sociale di mercato: l’economista tedesco Wilhelm Röpke, tutt’altro che un laburista e, men che meno, un socialdemocratico. Secondo la prospettiva della Caritas in veritate, il mercato rappresenta un’alta forma di collaborazione tra persone che non condividono necessariamente gli stessi fini. Il mercato, dunque, è la tipologia sociale propria degli uomini liberi che consapevolmente cum-petono per ottenere il miglior risultato possibile, in ordine all’allocazione di beni scarsi e disponibili; ciò che non è disponibile evidentemente non entra e non deve entrare nella logica di mercato. Dunque, la prospettiva di Benedetto XVI, sotto il profilo economico, è sì un nuovo ordine mondiale, ma un’idea di ordine economico ispirato al principio cristiano e liberale di “sussidiarietà”, con la felice esplicitazione da parte di Benedetto XVI del principio altrettanto cristiano e liberale di poliarchia che gli consentirà di proporre una governance globale, piuttosto che un governo del mondo: moderamen globalizationis e non gubernaculum globalizzazionis. In breve, ci permettiamo di ipotizzare che Benedetto XVI, sebbene indirettamente e non necessariamente in modo intenzionale, sembrerebbe rinviare alla nozione di ordine e di ordinamento così come emergono dalla tradizione “ordo-liberale” prima e dell’economia sociale di mercato dopo, dove si assume il principio di concorrenza come un aspetto del “bene comune” da promuovere e da difendere contro le tendenza monopolistiche pubbliche e private e non un male necessario da domare, da orientare e da dirigere. Fuori da ogni logica dogmatica, Benedetto XVI sembra ripeterci che non esiste il “mercato nudo e crudo”. Motivo di critica di Benedetto XVI è il riduzionismo materialistico che finisce per negare la dimensione integrale dello sviluppo umano a favore di un’idea di economia e di sviluppo economico considerati unicamente da un punto di vista ingegneristico: e questo può accomunare laissez fairisti e socialdemocratici. Benedetto XVI ci dice invece che economia e sviluppo sono autentici se contribuiscono allo sviluppo integrale della persona. Di qui il carattere qualitativo, oltre che quantitativo. Benedetto XVI delinea un profilo economico in forza del quale le attività economiche, al pari di qualsiasi altra dimensione dell’agire umano, non si realizzano mai in un vuoto morale o in un mondo virtuale, ma all’interno di un determinato contesto culturale, le cui matrici possono essere riconosciute e apprezzate ovvero trascurate e disprezzate. In questa prospettiva, il profilo economico della Caritas in veritate incontra il perno teorico dell’economia sociale di mercato di matrice liberale röpkiana ovvero il cattolicesimo-liberale sturziano ed einaudiano. Fermo restando il rifiuto di qualsiasi confusione tra il piano della dottrina sociale della Chiesa e quello delle teorie sociali, sarebbe motivo di grande soddisfazione sapere che le fila dei fautori dell’economia sociale di mercato e del cattolicesimo-liberale sturziano ed einaudiano da oggi possono contare anche sul contributo dell’onorevole Fassina. Flavio Felice

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