Beati gli operatori di pace

di Rosario Sapienza   Si è celebrata il 1° gennaio  in tutto il mondo la 46 a Giornata mondiale della Pace sul tema  «Beati gli operatori di pace». Si tratta dell’ottava giornata celebrata da  Benedetto XVI. .   Anche questo messaggio, come i precedenti indirizzati da questo pontefice, pone l’accento sulle responsabilità personali di ciascuno di noi nel compito collettivo di costruire tra gli uomini una cultura di pace.  I temi delle giornate precedenti di questo pontificato sono stati infatti: «Nella verità la pace» (2006), «Persona umana, cuore della pace» (2007), «Famiglia umana, comunità di pace» (2008), «Combattere la povertà, costruire la pace» (2009), «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato» (2010), «Libertà religiosa, via per la pace» (2011), «Educare i giovani alla giustizia e alla pace» (2012).   Il Santo Padre sottolinea la complessività della tematica, dimostrando che dalle scelte di pace di tutti e singoli gli operatori di pace dipende in ultima analisi l’instaurarsi nel mondo di una cultura della pace. All’interno di questa, una speciale responsabilità viene individuata per i governanti e gli Stati che debbono impegnarsi  nella garanzia dei diritti, in particolare il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa, e nella instaurazione di un ordine mondiale più giusto, anche attraverso l’instaurazione di una autorità mondiale capace di assicurare un governo effettivo delle relazioni internazionali, in particolare oggi nel difficile campo della finanza internazionale.   In altre parole, e in coerenza ad un approccio consolidato, l’insegnamento del Romano Pontefice intende sottolineare l’unità della problematica e il suo radicamento etico. Nel cuore dell’uomo peccatore, ma redento, si situa la chiave e l’origine di tutti i problemi sociali ed anche la stessa possibilità della loro soluzione.   Questo approccio, mirabile per la sua alta ispirazione ideale e la  sua  profonda articolazione interna, rischia però, sia detto con il dovuto rispetto, di non assumere pienamente la complessità sociologica del reale tipica dell’era della globalizzazione. Ed è questa assai probabilmente una delle ragioni per cui l’insegnamento del Romano Pontefice non viene a volte colto e interpretato nella giusta luce dagli osservatori esterni.   All’interno di un contesto ormai globale, i riferimenti ideali, come ad esempio quello ad una etica naturale (così tipico del pensiero occidentale) finiscono per essere vanificati, o comunque fortemente limitati, dalla compresenza di diverse visioni del mondo che devono comunque sforzarsi di coesistere pacificamente.   Oggi, con tutti i suoi limiti, l’Organizzazione delle Nazioni Unite rappresenta l’unica arena all’interno della quale può essere costruito un ordine internazionale più giusto, o comunque adeguatamente condiviso, un equilibrio “viable” tra le diverse visioni del giusto e del buono.   A ciò aggiungasi che questa complessità sociologica del reale fa sì che le grandi questioni della politica e dell’economia non possano ridursi alla dimensione della scelta etica del singolo. Il governante deve certamente in quanto uomo assumere comportamenti eticamente adeguati, ma le sue scelte non possono essere ispirate da mere considerazioni etiche personali. C’è assai spesso un contesto, complesso e variegato, che rende la scelta del singolo, anche del governante,  solo una delle determinanti dell’equilibrio che si viene in ultimo a creare.   Qui si legge il testo del messaggio del Santo Padre: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/peace/documents/hf_ben-xvi_mes_20121208_xlvi-world-day-peace_it.html    

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