VADEMECUM DI DIFESA DAI PROPALATORI DEL NULLA di Luciano Iannaccone

[media-credit id=67 align="alignnone" width="240"][/media-credit] La vicenda umana, fin dai suoi inizi, ha visto come protagonisti o comprimari gente che campava alla grande facendo credere che il nulla fosse realtà: maghi, indovini, demagoghi, illusionisti. Oggi la storia universale presenta un punto di straordinario interesse scientifico per antropologi e studiosi di scienze umane in genere: non chissà dove ma qui, nell’Italia contemporanea, quella del 2017 e dintorni. Vi troviamo infatti una massiccia concentrazione di venditori di fumo seriali, che sulle orme di più illustri predecessori  operano nel campo della politica, della cosa pubblica, dell’informazione e delle reti. Ma sono diversi dai loro modelli: innanzitutto non ne hanno la professionalità e poi  operano con obiettivi radicalmente diversi. Quelli cercavano di inserire nella realtà, a convivere con essa, le illusioni che creavano. Questi vorrebbero sostituire la realtà con il niente, per far credere a quanti più possibile che il nulla è la cosa importante e la realtà non è nulla. Dei veri problemi del nostro presente non importa niente: né le imminenti scelte sul futuro dell’Europa e dell’Italia su cui nel 2018 si dovrà decidere, né il lavoro che cresce, ma è ancora insufficiente in particolare per i giovani, né la povertà che la crisi ha indotto per molti e che non trova ancora risposte sufficientemente adeguate. Non importa individuare quanto i governi Renzi e Gentiloni hanno fatto di buono (ed è tanto), facendo ripartire economia, lavoro e fiducia, e quanto non sono riusciti a fare. Si pensi soltanto al grande problema della burocrazia che deprime investimenti e lavoro e più in  generale ad una cosa pubblica in cui ad una classe politica debole vorrebbero  sostituirsi moderni “maestri di palazzo” per ingessare l’Italia con prescrizioni e sentenze. Niente di tutto questo, e neppure di altri modi diversi, e del tutto legittimi, di raccontare l’Italia di oggi. Invece della realtà, che è bandita, i professionisti del nulla parlano di niente: nella prima metà del 2017 la vicenda Consip e la famiglia Renzi. Quando è emersa la ignobile montatura, senza alcuna autocritica si sono gettati sulla vicenda Banca Etruria e famiglia Boschi, contendendosene gli ossi. La commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche non come occasione di una seria analisi di sistema, ma come pretesto per una squallida e proterva aggressione personale. Come contorno, altri tuffi nel nulla, come il “Referendum sull’Euro”, che costituzionalmente potrebbe essere al massimo consultivo e quindi non una “extrema ratio” dirimente e decidente, come straparla Giggino. Nei rari momenti liberi, pensose riflessione sempre basate sull’ irredimibilità dei propri nemici. Naturalmente, in questa professione, ognuno ha un posizionamento e porta il proprio tocco. I promotori, siano uomini d’affari o alte coscienze, non li vediamo. Appaiono invece fra gli altr l’apprendista Di Maio, perennemente azzimato ed in ordine come al primo giorno di lavoro in prova, i suoi figuranti sempre pronti a ripetere a memoria la lezioncina, il cicisbeo Travaglio, a cui consiglieremmo un neo per completare la propria immagine,  il pensosissimo Franco, che distilla la sua  complicata saggezza tra Maria Elena Boschi e Santa Romana Chiesa, lavorando tra alambicchi e formule esoteriche ed infine (Lilli e) il vagabondo, che sarebbe poi l’indignato speciale Scanzi. L’Oscar alla carriera spetta di diritto al “Corriere della Sera”, che il 19 dicembre titola in prima pagina a sei colonne: “Etruria, l’affondo di Padoan”, mentre relega a pagina 10 l’immortale dichiarazione di Di Maio, autoproclamato prossimo presidente del consiglio, che nel “caso estremo” di un referendum voterà per l’uscita dall’Euro.   Essendo superfluo spendere altre parole, concentriamoci sulla promessa contenuta nel titolo: quale vademecum per cercare di difendere noi stessi e gli altri dai professionisti del nulla ? Se è infatti vero che il nulla in qualsiasi modo si agghindi rimane nulla, nondimeno può far male, molto male per il veleno che sparge nei pozzi. Certo il contraddittorio servirebbe a stanare il niente, ma i nostri ometti sono furbi e se ne difendono con il più classico dei sistemi: essere almeno in due contro uno, come vediamo alla “Sette”. E con l’apparire separati e diversi, per poi colpire uniti; in aggiunta, il risolino in servizio permanente effettivo mentre parla il contraddittore, trucco che funziona sempre bene. Ma se il confronto fosse ad armi pari, i propalatori del nulla  ne uscirebbero quasi sempre con la coda fra la gambe, come accadde ad un basito Travaglio messo al tappeto da Berlusconi, ospite Santoro, alla vigilia delle politiche del 2013. Per questo il confronto leale lo fuggono come il diavolo l’acqua santa e cercano sempre il monologo senza contraddittorio vero (ricercatissimo invece quello finto). La prima arma per disarmare i bellicosi propalatori del nulla sarebbe quindi un vero confronto tra i sofismi basati sul niente e la ragione informata. L’esito è prevedibile e proprio per questo i suddetti  cercano di sottrarsi intorbidando le acque e riducendo le possibilità di dialogo. La seconda arma non può consistere nell’ignorarli, alla luce della totale inconsistenza delle loro tesi, perchè purtroppo hanno tanti canali di comunicazione e di influenza. Occorrerebbe invece inseguirli   sulla piazza mediatica in analogia con Socrate ed i sofisti (che erano naturalmente di ben altro spessore),  cercando la valorizzazione delle potenzialità giovanili ed umane, che si attua nella ricerca della verità. Molto, moltissimo dipende proprio dal mondo giovanile, dalla sua possibilità di non ridursi a strumento dei furbi: “vulgus vult decipi et decipiatur” non è fatale che accada. Ma per questo occorre che in noi, cari amici, il fastidio verso i noti professionisti non degradi  a invincibile paura del nulla e delle sue possibili vittorie. Rimane nulla e non ha vero futuro: rifiutare di averne paura è il nostro  compito irrinunciabile.   Per finire con una nota leggera, si potrebbe anche pensare di far nascere e potenziare corsi di perfezionamento, per giovani e meno giovani, in quell’arte che ne “L’oro di Napoli” Eduardo alias don Ersilio Miccio insegna agli abitanti del vicolo perseguitati dal passaggio della grossa auto con autista del duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari: il pernacchio. E’ visibile in rete ed esplode coralmente, al passaggio dell’auto che conclude l’episodio, con la forza che sarebbe necessaria per dire no alla dittatura del nulla ed ai suoi officianti.   Luciano Iannaccone                  

Condividi Post

Commenti (0)