Dietro la vetrina, di Luciano Iannaccone
La vetrina è piena di litiganti, anzi di sgomitanti: per Alcide Di Maio sarebbe eversivo che i 5 Stelle non governassero, ma preferisce tentare di farlo precettando il Pd ed il suo appoggio anziché convergere con l’altro Matteo, quello in felpa, perché non vorrebbe altri galli nel pollaio. Berlusconi intende escludere i 5 Stelle dal governo usando la stampella un po’ acciaccata del Pd. I segreti pensieri dell’altro Matteo non sono a me noti. Il Pd ha deciso per una dignitosa opposizione in attesa di tempi migliori. Me se riuscissimo a vedere dietro la vetrina e i pannelli che la racchiudono, allora troveremmo le cose veramente importanti che nessuno o quasi ci dice, coro dell’informazione togata in testa. La prima e decisiva è che con il programma e le promesse elettorali di 5 Stelle e Centro-destra, e ancor più con la loro sommatoria derivante da un accordo di governo, non solo l’Italia esce dall’euro, ma soprattutto lo Stato Italiano è destinato al fallimento. Un default che sarebbe pagato dalla famiglie italiane attraverso la massiccia decurtazione di redditi e risparmi (vera ricchezza nazionale). Il silenzio della grande informazione è ancor più inaccettabile se si tien conto che sulle loro colonne e siti è stato da tanti calcolato il costo delle promesse elettorali: in testa il Centro-destra che tra flat tax (al 15 o al 23 ?), abolizione della Fornero, minimo di mille euro mensili sia per i micro-pensionati che per quelli eventualmente senza pensione e altro supera largamente i 100 miliardi, tra minori entrate e maggiori uscite. Più contenuti, ma sempre oltre i 100 miliardi annui (6% del Pil) le promesse dei 5 Stelle tra reddito di cittadinanza (di cui esistono due versioni grilline, ma viene sempre propagandata la top), minimo pensionistico, assunzioni pubbliche e tanto altro. A un misero totale di 38 miliardi ammonterebbe la proposta Pd (una cifra che il partito contesta e riduce a poco più della metà) centrata sulla misura universale di sostegno alle famiglie con figli. E’ vero che sia da parte del Centro-destra e dei 5 Stelle si è bofonchiato di riduzione o addirittura eliminazione degli “oneri deducibili” (cioè di quelle spese familiari che per un certa quota vanno a ridurre le imposte, dalle ristrutturazioni edilizie all’efficientamento energetico al mutuo sulla casa alle spese mediche ad altro ancora), il che sarebbe una doccia fredda per non pochi bilanci familiari. Ma comunque basta aggiungere al deficit del 2018 programmato dal Governo Gentiloni all’1,6% anche solo altri 80 miliardi di “buco” per portare il deficit tendenziale oltre il 6% del Pil, il rapporto debito-Pil fuori controllo e lo Stato Italiano verso fallimento, termine utilmente più crudo del tecnico “default”. Fuori dall’Europa, fuori dall’Euro e in pieno dramma sociale ed economico. Quali fuochi e fiamme avrebbe fatto il circuito mediatico se, anziché dei 5Stelle, si fosse trattato del Pd di Renzi e Gentiloni ? Se le cose stanno così, la primissima cosa da fare, da parte dei movimenti e delle coalizioni che hanno vinto, è quella di chiarire con parole e numeri il loro attuale programma di governo, precisando quali promesse saranno mantenute e quali no, con quali eventuali compensazioni (comprese agevolazioni fiscali che sparirebbero o Iva che aumenterebbe). Non lascino intendere che non è necessario, perché tanto la gente sa che si mantiene ciò che si può: sia perché sarebbe una disonorevole autodichiarazione di inaffidabilità sia perché sarebbe la perfetta applicazione dei vizi solennemente esecrati da Di Maio: “per decenni i partiti hanno messo al centro i loro interessi ed obiettivo erano sempre e solo le poltrone, non gli interessi dei cittadini.Questo è il passato”. Ma va ? Salvini deve capire che non ci importa nulla della sua dichiarazione a Bruxelles: “impossibile ora uscire dall’euro”, perché con il suo programma elettorale, se non significativamente modificato, dall’euro e dall’Europa usciamo a gran velocità con il fallimento dello Stato Italiano. Signori benpensanti, dite qualcosa e siate precisi: ve lo chiedono i cittadini, vostri elettori o meno, come pure i partiti sconfitti alle elezioni e pensiamo vorrà saperne qualcosa anche il Presidente della Repubblica, prima di affidare un eventuale incarico. Da inguaribile ottimista, non escludo che 5 Stelle e Centro-destra, anche per necessario dialogo con i propri recentissimi elettori, possano “riformulare” e precisare i loro due programmi di governo, soprattutto i 5 Stelle, che già su alcuni punti (reddito di cittadinanza) erano flessibili: come ha detto Grillo, “Noi siamo un po’ democristiani, un po’ di destra, un po’ di sinistra, un po’ di centro. Possiamo adattarci a qualsiasi cosa”. In questo modo potrebbero chiarire anche la propria compatibilità con l’euro e con l’Europa, come già stanno cercando un po’ fumosamente di fare i loro preconizzati ministri economici e lo stesso Di Maio a Bruxelles. Più precisamente: 1 quale politica economica e conseguentemente quali concreti obiettivi di deficit e di riduzione del debito? 2 Si intende partecipare da protagonisti al “nuovo inizio” dell’Europa, alla proposta di Macron al centro dell’accordo tedesco tra Merkel e Schultz ? 3 Per ultimo, si intende o meno promuovere una riforma non solo elettorale, ma anche istituzionale che consenta alla più forte delle minoranze di diventare maggioranza al secondo turno di ballottaggio e di garantire così stabilità al sistema democratico e incisività ai governi ? In questi giorni sono intervenuti su queste tematiche Stefano Ceccanti e Pietro Ichino. Il primo per ribadire il giudizio che vede “le posizioni del centrodestra a trazione leghista e quelle del M5s pur divaricanti da vari punti di vista ... incompatibili con la permanenza nella zona Euro” perché non “esiste una offerta politica degli uni o degli altri con cui si dica che rinunciano a quegli impegni che ci porterebbero fuori dalla zona Euro”. Ichino per rilevare che il voto attribuisce al Pd la possibilità di assumere “il ruolo di misuratore dell’europeismo reale di ognuno degli altri due poli” vincitori. Ciò si potrebbe concretizzare nella “disponibilità a dare l’appoggio esterno a quello degli altri due poli maggiori che sia disposto a porre al centro del programma del nuovo governo il rispetto degli impegni assunti dall’Italia verso la UE e una risposta positiva dell’Italia alla proposta che oggi viene dalla Francia di Macron già di fatto accettata dalla Germania”. Se nessuno dei due poli accetterà, si aprirebbe la strada a nuove elezioni in cui sarebbe “più chiaro agli elettori chi è a favore della costruzione della nuova Europa e chi no”. Le due posizioni non mi sembrano confliggenti, ma piuttosto complementari. Ma la parola è ai vincitori: accettino di essere valutati non per l’efficacia della recitazione ma sulla serietà delle parole e dei fatti.
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