Vassallo su Europa su riforma elettorale
Violante, non tradire il bipolarismo Provo a dire la mia sulla riforma elettorale, in coerenza con quanto penso e sostengo dal 2007. Per la scelta dei parlamentari, va bene una soluzione simil-tedesca: metà dei seggi assegnati in collegi uninominali dove vince il candidato che nel collegio prende più voti, metà vengono assegnati a compensazione proporzionale dei risultati di collegio attraverso liste circoscrizionali cortissime; gli elettori danno un voto unico. In ciascun collegio e in ciascuna circoscrizione, le candidature avanzate dai partiti sarebbero ben visibili. Gli elettori sarebbero messi in condizione di giudicarle, i partiti verrebbero dissuasi dal presentare candidature “indecenti”. Collegi uninominali e circoscrizioni piccole renderebbero inoltre più facile l’eventuale svolgimento delle primarie e aiuterebbero a ristabilire il rapporto tra ciascun eletto e uno specifico territorio. Si noti che, come nel sistema tedesco, i seggi circoscrizionali verrebbero utilizzati “a compensazione” dei risultati nei collegi. Esempio: un partito ottiene il 35 per cento dei voti; ha vinto nel 40 per cento dei collegi e ha così ottenuto il 20 per cento del totale dei seggi disponibili; ha quindi diritto al 30 per cento dei seggi assegnati attraverso le liste circoscrizionali, pari al 15 per cento dei seggi complessivi, che è quanto gli manca per ricevere, nel complesso, una percentuale di seggi sul totale (35 per cento) pari alla sua percentuale di voti. Ora, se questo calcolo si fa sul totale dei voti espressi al livello nazionale o in grandi circoscrizioni, la “compensazione proporzionale” diventa perfetta. Ogni partito che abbia superato una certa soglia definita dalla legge (ad esempio il 5 per cento), ottiene una percentuale di seggi perfettamente pari alla percentuale dei voti ricevuti (sul totale dei voti andati ai partiti sopra la soglia). Non ci sarebbe nessun incentivo a integrarsi e parecchi incentivi a dividersi. Un sistema così forse porterebbe alla scomposizione di Pd e Pdl. Ci riporterebbe in ogni caso a un assetto ingovernabile, come nella Prima repubblica, dominato dal centro, anche se quello spazio politico dovesse essere ora occupato da un partitino del 6 per cento. Per formare la maggioranza, ci sarebbero di fatto solo tre alternative: a) mettere insieme tutti i partiti dall’estrema sinistra fino al partito di centro incluso; b) tutti i partiti dall’estrema destra fino al partito di centro incluso; c) una grande coalizione...con al centro il partito di centro! Se si vuole evitare il cul de sac, la soluzione simil-tedesca deve essere combinata con il metodo spagnolo della ripartizione dei seggi circoscrizione per circoscrizione, in ambiti territoriali in cui se ne assegnino in media non più di 14 (7 nei collegi, 7 a compensazione proporzionale), senza recupero dei resti. Così, senza bisogno di altre protesi, quote o premi, si creerebbe una soglia “naturale” di circa il 5 per cento; i partiti più grandi avrebbero un vantaggio in seggi, in una misura rapportata alle loro dimensioni. Un tale sistema elettorale incentiverebbe la competizione tra i due partiti maggiori, resi tra loro alternativi, e consentirebbe la presenza di un numero limitato di altre forze di medie dimensioni. Il voto degli elettori deciderebbe intorno a quale dei due grandi partiti, e dunque intorno a quale candidato premier, si deve costruire la coalizione di governo. Le tre soluzioni di cui sopra sarebbero meno ineluttabili e il premier in pectore avrebbe qualche margine di manovra in più per formare una maggioranza parlamentare politicamente coesa. Le coalizioni non sarebbero completamente determinate prima del voto, ma il bipolarismo e l’alternanza sarebbero salve. Parisi e Bindi, di cui condivido la tensione bipolarista, dicono: perché dobbiamo abbandonare le coalizioni pre-elettorali e (quindi) il premio di maggioranza? Pare si siano dimenticati cos’è stata l’Unione. Al contrario che nei comuni e nelle regioni, al livello statale, dove una formale elezione diretta del capo dell’esecutivo non è mai stata introdotta ed è sconsigliabile, il premio di maggioranza ha dato vita a coalizioni troppo eterogenee per governare. I micro-partiti componenti delle due coalizioni sapevano, da un lato, di essere insostituibili (anche se formati dai soli Ferrando e Turigliatto), dall’altro sapevano che il modo migliore per incrementare i loro consensi era tirare calci negli stinchi ai partiti maggiori, avanzare proposte della cui impraticabilità erano spesso consapevoli, elevare il tono del conflitto nei confronti dell’altro polo. Con effetti non positivi per il sistema politico, per la sua credibilità, per l’efficacia dell’azione di governo. Ancora non si può dire se il testo a cui lavora Violante vada nella direzione che ho suggerito oppure ci riporti verso la Prima repubblica. Tutto dipende da dettagli non ancora chiariti. Nel frattempo, anche un gruppo di lavoro bipartisan (documento Astrid) ha fatto proprio, indicandolo come la soluzione migliore, l’ispano-tedesco. Violante e i suoi “tecnici”, a dire il vero, armeggiano piuttosto intorno a un tedesco debolmente corretto da protesi a prima vista contraddittorie. Le critiche avanzate da Parisi, Bindi e altri, preoccupati di un definitivo abbandono del bipolarismo, non sono, come ho detto, del tutto condivisibili. Però, se Violante dovesse partorire un simil-tedesco piattamente proporzionale, più o meno pasticciato da strambe aggiunte, bisognerà dare loro ragione. Se non siamo in condizione di fare meglio, meglio tenersi il Porcellum, con qualche correzione alle soglie di sbarramento e alle lunghe liste bloccate. Speriamo proprio di non dover arrivare a sperare questo. Salvatore Vassallo
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