Tutto si tiene
La discussione sui rapporti tra legge elettorale – il cosiddetto Italicum - e riforma della costituzione è molto confusa. Da un lato ci si affanna a dire che la legge non ha nulla a che vedere con il referendum sulla riforma costituzionale: e dunque meglio non parlarne. D’altro ci si scaglia contro l’accoppiata riforma costituzionale / legge elettorale per mostrare come sia meglio andare a votare no, tanto è il segno accentratore e dispotico che ne emerge. Proviamo allora a fare chiarezza e cominciamo con un punto indiscutibile: il 4 dicembre non si vota sulla legge elettorale ma solo sulla riforma costituzionale. La nuova legge elettorale è stata approvata dal Parlamento e sarà sottoposta a un controllo di costituzionalità preventivo, grazie alle nuove regole costituzionali e dunque purché il 4 dicembre gli elettori confermino la riforma. Quindi in un certo senso non parlarne in vista del 4 dicembre è giusto: la legge c’è e la Corte costituzionale ci dirà se è conforme alla costituzione. Non possiamo però accettare il tabù. Il legame tra riforma costituzionale e legge elettorale c’è eccome, basti pensare che l’Italicum riguarda solo la Camera e non il Senato proprio in vista del Senato riformato. Ma si tratta di un legame che non può essere strumentalizzato: le ragioni della riforma costituzionale stanno in piedi anche senza la nuova legge elettorale. E difatti il 4 dicembre non votiamo sulla legge elettorale: eppure un legame c’è e vediamo di capire in che senso. Un passo indietro. Nella lunga storia della transizione istituzionale italiana tutti coloro che sono andati più avanti nello sforzo per cambiare le cose hanno commesso un errore diverso ma simmetrico. O hanno concentrato la loro attenzione sul cambiamento dei rapporti tra governo e parlamento, allo scopo di avere governi in grado di rispettare gli impegni presi con gli elettori e prendere decisioni efficaci, ignorando però la legge elettorale. Oppure si sono impegnati per il cambiamento della legge elettorale, allo scopo di consentire agli elettori di scegliere preventivamente e in modo chiaro la maggioranza parlamentare cui affidare il mandato di realizzare un programma, ignorando però il ruolo dei meccanismi costituzionali che regolano i rapporti tra parlamento e governo. In altri termini o tutti a parlare di forma di governo o tutti a parlare di legge elettorale. Le due cose vanno invece insieme e vanno progettate insieme. Riforma elettorale e regole dei rapporti tra governo e parlamento debbono ispirarsi a un disegno unitario, così come fecero i partiti ai tempi della costituente accostando ad una forma di governo parlamentare ad esecutivo debole una legge elettorale proporzionale che fotografava i rapporti di forza tra i partiti, concedendo a tutti poteri più o meno importanti di veto. L’attuale riforma non fa questo errore: il 4 dicembre può consegnarci un sistema costituzionale in linea con un disegno di rafforzamento della capacità dei cittadini di incidere sulla scelta dell’indirizzo politico e coerente con la nuova legge elettorale. Cosa deve fare infatti una legge elettorale? Rappresentare lo spettro delle posizioni politiche dell’elettorato ma allo stesso tempo consentire a chi ha vinto le elezioni di avere una maggioranza parlamentare designata direttamente dal voto, chiara, omogenea e stabile. E cosa deve fare un sistema efficiente di rapporti tra governo e parlamento? Consentire al governo nato sulla base del mandato elettorale di sviluppare il suo programma, senza imboscate parlamentari ma con i giusti controlli. Naturalmente questa combinazione virtuosa può essere raggiunta in molti modi e con diverse leggi elettorali. In altre parole si vive anche senza Italicum. Ma a una condizione: che quanto può sostituire l’Italicum funzioni ancora meglio dell’Italicum. E quindi assicuri che la sera delle elezioni siano chiare maggioranza di governo e suo leader. Ad oggi dunque riforma costituzionale e legge elettorale stanno bene insieme. Tutto è perfettibile, ovviamente. Ma domenica prossima siamo chiamati a decidere se la riforma costituzionale approvata dal parlamento fa funzionare il rapporto tra governo e parlamento meglio di quanto non faccia la costituzione attuale. Se confermiamo la riforma approvata dal Parlamento avremo governi più solidi e un parlamento più efficace, una sola Camera che da e toglie la fiducia al governo, insieme a una legge elettorale in grado di formare maggioranze stabili. Se la bocciamo non solo resteremo inchiodati al quadro attuale, da tutti ritenuto insoddisfacente, ma subiremo un ritorno proporzionalistico che tutto può meno che garantire governabilità. Di tutto il resto parleremo dal 5 dicembre. #bastaunsi
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