Tutti costituzionalisti
Italiani tutti costituzionalisti, come giustamente ironizza Giovanni Guzzetta. Provo anche io a partecipare con tre pensieri. Suona un po’ ingenuo stracciarsi le vesti sul divieto di mandato imperativo come se ci si trovasse nel bel mezzo del dibattito sette-ottocentesco e non in una democrazia di massa con partiti da democrazia di massa. Per rintuzzare certe semplificazioni provocatorie del MoVimento 5 stelle occorre altro. Ad esempio porsi seriamente il problema costituzionale del rapporto tra mandato elettorale, disciplina dei gruppi parlamentari e libertà di voto del singolo parlamentare. Prendendo in mano la politica delle riforme istituzionali, come si fece quando si ridusse drasticamente lo spazio del voto segreto in parlamento alla fine degli anni ottanta. Le democrazie “immediate” richiedono disciplina di gruppo tra i parlamentari e non diritti alla “trasmigrazione” sotto l’ombrello del divieto del mandato imperativo. Un caso in cui apprendere, in positivo, dal Portogallo. Istruzioni per l'uso: prima di lanciare allarmi sul MoVimento 5 stelle, cosa per altro necessaria in qualche caso, meglio far tesoro dell'esperienza costituzionale. E’ strano che oggi chi lamenta l’espansione dei poteri presidenziali del capo dello stato nel procedimento di formazione del governo sia anche chi, nel novembre 2011, non aveva battuto ciglio a fronte di altrettanta espansione di quegli stessi poteri. Delle due l’una: o la nostra forma di governo ha un substrato dualista (segnalato dai poteri presidenziali) costantemente in agguato, pronto a venir fuori a seconda della stabilità e della compattezza dei partiti o delle coalizioni, o non ce l’ha. Non si può cambiare idea a seconda della collocazione parlamentare. A fisarmonica sono i poteri presidenziali non l’interpretazione della costituzione. Se il mandato elettorale non è chiaro e non emergono maggioranza e leader, tutto il dualismo sottotraccia della nostra forma di governo si riespande. E l’indirizzo politico promana dal circuito Presidente - Governo – Parlamento, non più dal solo Governo – Parlamento con il Presidente come arbitro. Non si è voluto il semipresidenzialismo, non si è voluto il premierato. Teniamoci il parlamentarismo dualista a intermittenza. Istruzioni per l'uso: le teorie mistiche e rassicuranti sulle funzioni del Presidente della Repubblica come semplice arbitro vanno al più presto abbandonate. Ricordiamocene in tempo per la prossima elezione. Ma davvero possiamo pensare che una forma di governo parlamentare, praticamente ex assembleare, ora più che mai imperfettamente razionalizzata, possa ospitare fruttuosamente governi di minoranza? I governi di minoranza non sono un’anomalia o un segno di debolezza e di confusione nelle democrazie competitive. Ma hanno bisogno di condizioni e di leve istituzionali per funzionare. E solo con quelle leve funzionano. Se i governi abbisognano dell’espressione preliminare della fiducia del parlamento su un piattaforma generale, non dispongono dell’agenda dei lavori parlamentari e della minaccia regolata ma dissuasiva dello scioglimento, le cose si fanno difficili. Quasi impossibili. Per questo servono le riforme istituzionali. Ad esempio Bersani starebbe molto meglio se fosse stato approvato l’art.32 della riforma costituzionale osteggiata nel 2006 dal centrosinistra. Si è temuto il potere di scioglimento. Teniamoci il potere di veto delle minoranze. Minoranze forti ma sempre minoranze. Istruzioni per l'uso: difendere ad oltranza il parlamentarismo del 1948 significa difendere i poteri di veto non la sovranità popolare.
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