Statalismo cialtrone e provvedimenti di legge in materia di lavoro, di Pietro Giordano
Lo statalismo cialtrone del Movimento cinque stelle ha raggiunto ormai livelli di abominio inenarrabili.
Dal salvataggio dell'Alitalia, al salario minimo per legge, passando dalla riduzione dell'orario (sempre stabilito con norme di legge) i penta-stellati danno la misura di un vuoto culturale in materia di lavoro (e non solo) che ormai impera nell'agire di questo Governo e e in quella parte che qualcuno continua a credere possa annoverarsi di sinistra, sperando e perseguendo inciuci innaturali.
I danni già fatti, sembrano non insegnare nulla, come dovrebbe suggerire il fallimento del Decreto Dignità, che, sì, ha fatto registrare un aumento dei contratti a tempo indeterminato ma che al contempo, nello stesso periodo - se si calcolano tutte le tipologie di lavoro (Indeterminato, determinato, apprendistato, ecc.) - ha fatto rilevare un calo occupazionale pesante: il lavoro non si crea per legge.
Si potrebbe continuare con il disastro creato con le "politiche" per il salvataggio dell'Alitalia che, a fronte dell'ulteriore esborso di centinaia di milioni pagati con la fiscalità generale ci verrà consegnata, grazie ai sogni statalisti dei penta-stellati, un'azienda ancor più decotta di quanto lo fosse dopo essere passata dalle mani dei Capitani Coraggiosi di berlusconiana memoria.
Ma non finisce qui purtroppo, anche il salario minimo per legge (ma che bello slogan elettorale....) sembra un sogno ormai vicino alla realizzazione, nell'illusione che 4 righe sulla gazzetta ufficiale possano eliminare lo sfruttamento dei rider, dei raccoglitori di pomidoro, degli addetti ai call center, ecc. Torna l'illusione (dando per vera la buonafede...) che per legge sia possibile distruggere il lavoro nero, lo sfruttamento, come si immagina avverrà con il reddito di cittadinanza.
Infine, si sono inventati (meglio dire rispolverato, distorcendolo) un vecchio slogan della FIM di Pierre Carniti, amico di Tarantelli: "lavorare meno per lavorare tutti". Ma come ricorda Giuseppe Croce in un post precedente, lo hanno lanciato snaturando e distorcendo quanto immaginato da Tarantelli, e già realizzato in parte dal sindacato, con accordi aziendali e non con norme di legge invasive della negoziazione operata dai soggetti naturali: lavoratori e imprese.
In questo senso, i cinque stelle sono perfettamente assimilabili a certa cultura sindacale cigiellina che da 70 anni, in antagonismo con la cultura sindacale cislina , tenta di imporre per legge, non per libera contrattazione, le conquiste delle lavoratrice e dei lavoratori. Torna anche in questo caso una concezione statalista contrapposta ad una cultura liberale. Quest'ultima promuove norme quadro non invasive nel tessuto economico e sociale del Paese, in antitesi a impostazioni giuridiche che tentano di entrare a gamba tesa in ambiti così delicati.
Ma purtroppo tale statalismo becero ed arcaico non riguarda solo i penta-stellati o quella che qualcuno definisce sinistra sinistra e che io considero destra destra.
Non a caso, infatti, gli estremi si toccano ed anche la destra di Salvini e maggiordomi vari, si sovrappongono perfettamente allo statalismo dei 5stelle. Ciò avviene quando si deve varare quota 100, quando appoggia il reddito di cittadinanza 8inventata dalla destra economica e non dalla sinistra illuminata) o quando fa da sponda e da punto di riferimento a organizzazioni fasciste come Casapound o FN.
Così Salvini non partecipa alle manifestazioni di Stato del 25 aprile, Di Maio invece sta con i partigiani il 25 aprile e il 26 aprile torna a governare con gli amici dei fascisti.
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