Qualche nota sulla necessità del cambiamento politico e sul Pd

di Giovanni Bianco I due recenti successi dell'area democratica e progressista, quello di maggio alle elezioni amministrative e quello di giugno ai referendum, hanno ridato speranza e vitalità alle opposizioni, che sembrano aver ritrovato maggior vigore, nonostante i tentennamenti e le ambiguità di taluni, e penso a Di Pietro, e sebbene il Pd fatichi ancora a trovare una sua stabile e certa identità nel centrosinistra. I due buoni risultati non sono perciò da sottovalutare: nel Paese c'è desiderio di cambiamento, si è stanchi del cattivo governo dell'inossidabile B. e di una pseudodemocrazia infarcita di leggi ad personam, violazioni più o meno gravi della legalità, disprezzo delle massime istituzioni dello Stato, dileggio del potere giudiziario, assenza di una qualsiasi ed accettabile idea di "patriottismo costituzionale", trionfo del servilismo e di gruppi di pressione che operano spesso nell'oscurità ed al di fuori delle regole. Il "Paese reale" chiede una nuova fase politica, capace di coniugare istanze di rinnovamento etico e di riformismo adeguato e non retorico, ma decisamente collocato nel solco della migliore tradizione democratica, per la trasparenza, lo Stato di diritto e la giustizia sociale. Dalla stanza dei bottoni dei governanti giungono segnali ben diversi, e prova ne sono anche recenti dichiarazioni, decisamente di basso profilo, di accoliti del Signor B. che propongono una nuova "legge bavaglio" e sminuiscono fortemente le attuali e serie indagini sulla P4. La classe politica espressa da questa maggioranza ha una prioritaria preoccupazione, quella di difendere sempre gli interessi del Sultano e delle lobbies, più o meno articolate, che lo sorreggono. A sinistra qualcosa di importante da tempo si muove. I risultati di Napoli e Milano premiano un'opposizione anche movimentista e radicale, che si preoccupa di costruire un solido progetto di alternativa di governo, e questo sia il Pd di Bersani che la Sel di Vendola lo hanno inteso. Non si può correre da soli, con idee sprovviste di basi robuste e di un respiro profondo e di lungo periodo, altrimenti si corre il rischio di regalare nuovamente la vittoria elettorale, alle prossime politiche, ad una destra aggressiva ed impresentabile, parolaia ed ultraconservatrice, priva di contenuti e di programmi (e la recente kermesse folkoristica di Pontida qualche riflessione sollecita). Il Pd, come l'ultima intervista rilasciata da Rosy Bindi conferma, nonostante le sue contraddizioni interne e le resistenze al progetto bersaniano, cerca di muoversi e di rispondere alle variegate domande ed ai complessi bisogni della società civile; sebbene non possa dirsi che sia un partito ben presente sul territorio si pone,comunque, per davvero il problema di tornare a governare con proposte valide e con alleanze credibili. Si può essere perplessi perchè quella che viene indicata come l'attuale forza politica di maggioranza relativa  non sia (almeno in apparenza) l'asse portante dei recenti successi delle opposizioni; tuttavia su più temi  questo partito cerca di essere presente con una propria piattaforma programmatica, dalla politica estera all'economia, dal sistema fiscale alle politiche sociali. Si può anche dissentire da non pochi aspetti di quest'ultima, ciononostante il segnale che si percepisce è di desiderio non superficiale di intercettare la voglia di rinnovamento. Ho letto talune analisi intrise di pessimismo, che giungono persino a parlare di un Pd immobile. Non dimentichiamoci delle molte difficoltà che questa forza politica ha incontrato sin dalla sua nascita, delle errate idee del "partito gassoso" o "aeriforme", di tentazioni forti di tipo "isolazionista", delle diatribe interne anche su temi chiave, quale quello del ruolo dello Stato nella sfera economico-sociale. Nè si ponga in secondo piano il ruolo della "sinistra extraparlamentare" -che sta crescendo ed è uno dei principali punti di riferimento delle minoranze movimentiste più radicali ed antiberlusconiane- , dal rapporto con la quale, anzitutto con la Sel, può sorgere il futuro assetto dell'auspicabile nuova maggioranza politica, senza con ciò trascurare altri importanti partiti, cioè in primis l'Idv. Quindi, siamo dinanzi ad un quadro fluido, i vincitori delle politiche del 2008 sembrano annaspare  e lasciarsi travolgere dal "pessimismo della ragione" o dal timore dei probabili scenari futuri non giova di sicuro alla causa dei progressisti.

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