Modello di Chiesa clericale, causa della sua stessa crisi?

Ieri, pregando le Lodi, ho notato che tutte le Invocazioni, tutte le preghiere dopo il Cantico di Zaccaria, erano orazioni per i chierici; sarà stato perchè si celebrava Gregorio Magno ma non ho potuto fare a meno di pensare che la Chiesa, nonostante il Concilio Vaticano II, dopo secoli, continua a fondarsi sui preti. I laici e tra essi le donne ancora di più, sono considerati spesso - se non quasi sempre - dei cristiani di serie B.

Il modello di Chiesa che si è tramandato nei secoli e che fa fatica a modificarsi e scomparire, è quello clericale, quello che ha come centro le liturgie, la Messa, la Celebrazione Eucaristica, è come se nostra madre Chiesa facesse fatica ad abbandonare la vecchia forma costantiniana ed il modello liturgico tridentino.

Il periodo pandemico ha fatto emergere le "crisi di astinenza" dovute all'impossibilità di celebrare dal vivo l'Eucaristia, rilevando così, ancor di più, l'eccessiva sacramentalizzazione (Evangelii Gaudium n.63) della vita di fede, unitamente ad un'esperienza liturgica che spesso si riduce alla celebrazione della Messa.

Lo stesso "tasso di cristianesimo" ormai si misura unicamente sulla frequenza dei cattolici alle messe domenicali, dimenticando o volendo dimenticare, ad esempio, le crisi vocazionali e la desertificazione delle parrocchie, sempre meno viste come luoghi educativi e di aggregazione, soprattutto da parte delle nuove generazione, ma anche di quelle meno nuove.

Il vecchio modello di Chiesa non a caso è basato fortemente sulla "distribuzione" dei sacramenti e sulla liturgia eucaristica, in entrambe i casi la figura del presbitero è centrale ed indispendabile, rispecchiando ancora una volta un modello ecclesiale che fa fatica a percepire la "rivoluzione" bergogliana che punta ad una Chiesa di Popolo ed attuare la rivoluzione conciliare ormai lontana quasi sessant'anni.

La pandemia ha portato alla luce tutti i nervi scoperti di una Chiesa ferma a modelli ormai obsoleti e spesso incapaci di portare la Buona Novella tra i tanti che o l'hanno abbandonata o l'hanno rifiutata sin dall'inizio a causa di scelte ed atti ecclesiali reputati inaccettabili o anche "scandalosi".

Modelli che nel nostro Paese magari attirano gli anziani per il rosario o la messa vespertina quotidiana, ma che non riecono a parlare alla "carne viva" delle persone e della società.

Modelli incapaci di sviluppare una dimensione fraterna nella quale il popolo, la comunità cioè il vero cuore della Chiesa, sia artefice e motore di un nuovo modello, che si sviluppi partendo da quanto descritto perfettamente dalla Costituzione Gaudium e Spes e dalla Lumen Gentium, ma che al contempo dopo tanti decenni dalla data del Concilio lo sviluppi facendolo evolvere verso una realtà che non punti prioritariamente sulla sacramentalizzazione, ma rammenti che cominciò tutto col battesimo che ci rende cristiani e popolo di Dio e sulla lettura personale e comunitaria della Parola quale momento di incontro, anche "fuori dal tempio", con il Padre.

Questo periodo funesto che ci stiamo lasciando alle spalle ha fatto recuperare a molti una dimensione spirituale personale e familiare, attraverso la preghiera e la lettura della Parola in famiglia, nella propria abitazione, in quella dimensione comunitaria che è la cellula primaria di una comunità più ampia, svelandoci che la Parola e il messaggio evangelico non sono e non possono essere solo patrimonio esclusivo dei sacerdoti, unici componenti del popolo di Dio capaci di studiarla, interpretarla e spiegarla dall'ambone di una Chiesa.

Come ci ha ricordato Papa Francesco: Il Concilio Vaticano II «non guarda ai laici come se fossero membri di “second'ordine”, al servizio della gerarchia e semplici esecutori di “ordini dall’alto”», ma come «discepoli di Cristo» capaci di portare lo spirito evangelico nel mondo nel quale sono inseriti.

Non si può continuare a considerarci "non chierici" e/o assegnarci i compiti della presenza cristiana nel mondo, mentre al clero riconoscere i compiti dell’edificazione della comunità cristiana, quasi ci fosse una divaricazione.

Deve affermarsi una visione della Chiesa come comunione di tutti i credenti in Cristo che sia ricca della partecipazione attiva dei laici all’edificazione della Chiesa e il servizio del mondo come compito di tutti i credenti, anche di quelli che non sono direttamente impegnati nelle realtà temporali (Martini 1985, 335 e ss.).

Come ci ricorda il biblista Martini nel Vangelo non ricorre la parola laico, ma ricorre soprattutto la parola fratelli, a ricordarci che la vocazione cristiana appartiene senza distinzioni all'intero Popolo di Dio.

Si deve abbandonare il vecchio schema sintetizzato perfettamente dal teologo benedettino Ermann Salmann "Finora abbiamo o parrocchi o niente, o uno si fa prete o non ha nessun ruolo, o si sposa in chiesa o non c'è niente, o viene battezzato o non c'è niente".

Dipende anche da noi costruire una comunità capace di accogliere tutti: il ladro, la prostituta, l'emorroissa, la samaritana, il lebbroso, il figliol prodigo, ecc.

Ce la faremo!

Pietro Giordano

Foto di Richard Mcall da Pixabay

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