La Terza Via delle Acli- da Europa di oggi
di Stefano Ceccanti Franco Monaco ha replicato ieri su Europa all’articolo di Andrea Olivero che illustrava le conclusioni di Todi 2 formulando cinque obiezioni. La prima valorizza il pluralismo ed è giusta: un conto è l’impegno personale di esponenti dell’associazionismo, un altro è coinvolgere le realtà in quanto tali. Tutti i collateralismi sono negativi perché irrigidiscono i rapporti. La nostra democrazia (e anche la comunità ecclesiale) si alimenta delle distinzioni. La seconda si riferisce all’omogeneità interna che, quando si creano nuove aggregazioni, è rivolta al futuro e non al passato: è poco plausibile allo stesso tempo criticare le diversità interne del Pd e proporre però convergenze ugualmente inedite. Qui si ferma il mio consenso con Monaco. Nella terza obiezione, sulla base di una sua interpretazione della dottrina sociale, che farebbe perno su «un ben inteso primato della politica mirata al bene comune» denuncia una presunta subalternità al liberismo. è possibile che pressoché tutte le realtà che dovrebbero essere le prime a dar corpo alla dottrina sociale (ed anche la recente Settimana sociale che ha anticipato l’agenda Monti) ne abbiano un’interpretazione sbagliata? Stiamo parlando dell’Italia, dove registriamo i livelli massimi di spesa pubblica e di tassazione che non si traducono in riduzione delle disuguaglianze. Per queste ragioni è difficile non vedere come da noi il principale avversario della dottrina sociale sia un certo statalismo deteriore, che in altri contesti è stato battuto dalle esperienze della Terza via. Se cerchiamo a sinistra, negli anni passati, modelli di governo vicini all’ispirazione ribadita dalla Centesimus annus in poi, che fa a pugni con l’idea di un “primato della politica” e di una sorta di suo monopolio nei confronti del bene comune, da lì non si prescinde. Il 13 maggio 2004 lo spiegò l’allora cardinale Ratzinger nella sua lectio magistralis al senato sulle radici dell’Europa, che contiene due apprezzamenti puntuali, il primo rivolto al Labour party (in quel momento al governo con Blair, attivo esponente del Christian socialist movement, uno dei principali gruppi della Terza via) che sin dall’inizio “era il partito dei cattolici”. E il secondo sulla Spd in quel momento al governo con Schroeder: «In molte cose il socialismo democratico era ed è vicino alla dottrina sociale cattolica, in ogni caso esso ha considerevolmente contribuito alla formazione di una coscienza sociale». Anche il testo più recente, da papa, reso noto l’11 ottobre, dal titolo «Fu una giornata splendida» è emblematico perché invita a rileggere la lezione conciliare sui rapporti Chiesa-mondo e quindi anche la dottrina sociale a partire dalla Dichiarazione Dignitatis Humanae (ritenuta più felice della Gaudium et spes), che è espressiva di una cultura nordamericana liberal di impostazione poliarchica. Tutto ciò ha a che fare anche con le altre due riserve di Monaco. La quarta è a favore del bipolarismo, ricordando a suo tempo le battaglie referendarie anche delle Acli: ma il bipolarismo allora immaginato era di carattere centripeto, tra liberali di centrodestra e liberali di centrosinistra ciascuno egemone nel proprio campo. è esso che va rilanciato e non quello centrifugo di questi anni, che ne è la caricatura. La quinta tende conseguentemente a svilire Monti e i tecnici che negli anni dell’eccesso di partigianeria sono rimasti fuori dagli scontri: ma meno male se abbiamo potuto attingere a persone di qualità estranee allo scontro del passato! Detto in modo riassuntivo: se oggi un presidente delle Acli, una realtà che prima era saldamente simpatetica con l’area del Pd, trova più attrattiva la soluzione sbagliata (sia per Monaco sia per me) di una lista centrista, non sarà perché si dà erroneamente l’idea di un Pd sbilanciato su una semi-alleanza da vecchio bipolarismo stile Unione e su una cultura statalista a cui non porta affatto l’insegnamento sociale della Chiesa?
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