La Società a Irresponsabilità Illimitata, di Luciano Iannaccone

La
nostra Italia, patria di inventori, ha realizzato una decisiva scoperta dando
vita ad una nuova figura giuridica: la Società a Irresponsabilità Illimitata.
Le è piaciuta così tanto che la società italiana si è addirittura trasformata
in questa nuova creatura. Un evento già in corso da tempo ma che si sta
ingigantendo con le elle di “illimitata” che crescono senza sosta.
Avviene
innanzitutto in gran parte della direzione politica nazionale, la cui
metamorfosi si realizza giornalmente, mescolando nell’alambicco ignoranza crassa,
furbizia e strizzatine d’occhi e bevendo il tutto d’un sorso. I risultati sono sotto gli occhi
di tutti, a partire da un ministro degli esteri che, parafrasando il famoso
giudizio di Gladstone sul Regno delle due Sicilie, “si parva licet componere
magnis”, è la negazione della conoscenza e della veracità eretta a sistema di
governo.
Ma,
pur rappresentando un vertice forse insuperabile, egli è in buona compagnia sia
in parlamento che nel governo. In particolare, ma non esclusivamente, nell’area
pentastellata, impegnata a stabilire incessantemente, di qualsiasi cosa si
discetti, nuovi record del ridicolo. Troppi, in tutti i partiti, i finedicitori
di poesiole ad uso degli eventuali creduloni in ascolto ed in visione. Le
panzane propinate a se stessi ed agli altri a proposito del fondo salva Stati
(MES) rappresentano un caso di scuola. Posto che esso va chiarito ai cittadini,
in particolare nella necessità di correlarlo a un “pacchetto” che comprenda
anche la unione bancaria ed il budget europeo, quando cesseranno le spudorate
menzogne di Salvini e Meloni, assieme alle cantilene di Di Maio ?
Le
minacce ai risparmi italiani non vengono dal fondo salvastati, ma dalla spirale
di spesa pubblica corrente e debito crescente che dal 2018, dopo il lieve calo
del 2015-2017, è ripresa alla grande con Salvini e Di Maio. A distruggere il
risparmio nazionale non saranno le banche tedesche, ma potrebbero contribuire
invece irresponsabili scelte di partiti
e parlamento italiani.
Alla irresponsabilità illimitata vuole
partecipare, assieme a non pochi giornalisti (inutile esplicitare con quali
strumenti), l’agguerritissima minoranza pseudogiacobina della magistratura, che
ha trovato le giuste sponde pentastellate per il varo definitivo della
repubblica giudiziaria. Varo rappresentato dall’abolizione della prescrizione senza
contromisure dopo il primo grado di giudizio, che, come ha scritto Angelo
Panebianco, introdurrebbe in Italia la pena di morte civile.
Se
possiamo chiamare responsabilità il tentativo di correlare diritti e doveri,
per sè e per tutti, l’irresponsabilità illimitata è la rinuncia ad ogni dovere
di giustizia e di verità, in nome di fantasmi ideologici e del proprio tornaconto
personale. Pazienza se ciò semina rovine, l’importante è il trionfo del “particulare”,
rivestito di luccicanti colori per attirare i favori popolari. E qui entra in
gioco “il popolo” che “vult decipi”, cioè partecipa attivamente all’inganno di
cui è vittima.
Il
primo inganno con cui l’irresponsabilità illimitata ci domina è quello
dell’Europa matrigna, che sfrutta l’Italia condannandola a ristrettezze che
contrastano con le sue potenzialità. Gli illimitatamente irresponsabili non
sono per nulla turbati dal fatto che il debito pubblico italiano ormai cammina
oltre il 136% del Pil, in continua crescita dal 2017 per una spesa pubblica
corrente incontrollata in cui brillano, si fa per dire, quota 100 ed il reddito
di cittadinanza così mal gestito.
Siamo
al livello percentualmente più alto dal 1861, dall’unita d’Italia, con
l’eccezione dei primi anni ’20 del novecento, quando la tragedia umana,
economica e finanziaria della prima guerra mondiale e del dopoguerra portò il
debito oltre il 160% del Pil, donde iniziò a discendere drasticamente, come ho
qui ricordato, con la politica finanziaria di Alberto De Stefani. Ma oggi?
Oggi
l’Italia deve ringraziare l’euro alla cui area appartiene se il costo del
denaro, e quindi del debito, è eccezionalmente basso. Fino a quando ? E intanto basta verificare on
line gli spread dei titoli pubblici decennali dell’area euro per rendersi conto
della posizione particolarissima e
fragile dell’Italia, che si alterna con la Grecia all’ultimo posto, cioè col
maggiore spread e quindi il più alto tasso.
Martedì
10 dicembre alle 11.25 il decennale italiano, pur drasticamente ridotto
rispetto ai tempi del governo gialloverde, aveva un differenziale con l’omologo
tedesco di punti 167,80, superiore a quello greco (166,60). Conseguentemente il
suo rendimento per i detentori era dell’1,387%. Solo Italia e Grecia hanno uno
spread ed un rendimento ampiamente superiori all’1%: fra gli altri Stati euro,
quatto, compresa naturalmente la Germania, hanno rendimento negativo, cinque
inferiore allo 0,2% (compresa la Francia che l’ha intorno allo zero), due
inferiore allo 0,4%, due (Spagna e Malta) tra lo 0,4% e lo 0,5%, cioè quasi
cento punti in meno dell’Italia.
Una
congiura dei mercati e degli Stati contro l’Italia ? Perfino gli illimitatamente
irresponsabili faticano a dirlo. La verità è che solo la Grecia in Europa ha un
debito pubblico superiore al nostro, mentre il Portogallo l’ha drasticamente
ridotto al 120%. Tutti gli altri Stati euro
hanno un debito inferiore al 100% del Pil.
I
punti di forza finanziari dell’Italia sono il proprio tessuto produttivo, l’appartenenza
all’eurogruppo e la consistenza dei patrimoni familiari. Ma la debolezza sta nell’altissimo debito che
continua a salire, nella bassa o nulla crescita, nella patologia burocratico-giudiziaria
che frena la produttività ed il Pil, ma anche nella demagogia al potere che
mette a rischio i risparmi degli italiani perché vive nel paese dei balocchi.
La
progressiva, ma immediata riduzione percentuale del debito pubblico e la forte crescita
economica del Paese sono le due scelte urgenti e necessarie: entrambe, insieme.
Non più tasse, che anche con il recupero dell’evasione vanno invece ridotte, ma
meno spesa pubblica corrente improduttiva, lotta feroce agli sprechi ed ai
privilegi di uno statalismo deteriore.
Fondamentali
ed indispensabili sono il rilancio e la promozione degli investimenti e delle
infrastrutture pubbliche e private, combattendo frontalmente e fiaccando la
patologia burocratica-giudiziaria. E rendendo l’Italia affidabile per gli
investitori nazionali ed internazionali: oggi è praticamente il contrario.
A
questi obiettivi devono volgersi le strategie partitiche, non alla propria
sopravvivenza politica, personale e collettiva, ricercata con irresponsabilità
illimitata.
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