Erosione della classe media e riforme

Con la fine della crisi non verrà meno la tendenza alla polarizzazione dell’occupazione in atto nei paesi avanzati. Ne ha parlato, con un riferimento significativo per un banchiere centrale, anche il Governatore della Banca d’Italia nelle sue ultime Considerazioni. Sono tendenze che stanno erodendo quella che dalla golden age degli anni Cinquanta e Sessanta è stata la classe media. Stanno erodendo la sua dimensione, le basi del suo benessere e la relativa sicurezza che l’ha per tanto tempo caratterizzata. Alle tendenze profonde che attraversano le economie si sono aggiunti gli effetti delle necessarie (e perfino insufficienti) riforme: l’adesione all’euro, il risanamento delle finanze pubbliche, le riforme del mercato del lavoro, le liberalizzazioni hanno rimosso vecchie protezioni sociali, per lo più illusorie, eredità di un passato ormai passato, hanno imposto rigore e concorrenza, ma non hanno prodotto fin qui i frutti promessi. Se è corretto intravedere anche fenomeni sociali dietro i numeri elettorali, alcuni risultati recenti delle elezioni svolte in vari paesi europei non sembrano estranei a questo malessere. Anche in Italia, al di là del moralismo della cosiddetta antipolitica, emerge in realtà un malessere e una domanda politica più profondi. è il malessere di una classe media che si vede esposta all’incertezza e al rischio di scivolare verso il basso, e che esprime una domanda di protezione. Tale domanda assume le sembianze del ritorno allo statalismo antieuro, della stanchezza nei confronti di riforme pro-mercato, della richiesta di chiusura verso la globalizzazione. La “domanda” statalista, sebbene illusoria, non è un rigurgito del passato ma il riflesso di un presente e di un futuro avvertiti come carichi di incertezza e poveri di opportunità. Queste, semmai, per si aprono, per le nuove generazioni, all’estero (èl’altra faccia della globalizzazione), con Erasmus, i lavori in giro per il mondo, il brain drain, al di fuori dai confini nazionali e al di là di ciò che offre la politica nazionale. Difficile che, in queste condizioni, possa ottenere vasti consensi un programma liberale di riforme. Difficile, soprattutto, per un partito a vocazione maggioritaria. E velleitari gli appelli a svolte liberiste che di fatto smantellano altre protezioni e impongono altri costi immediati, a meno di coniugare un programma ampio e a tutto campo di riforme liberal, insieme a un’idea della distribuzione dei frutti delle riforme e una capacità di risposta alle nuove domande di protezione.

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