Due tipi di ragioni per il crocefisso
Il "Sole 24 ore" di ieri pubblica due tipi di argomentazioni a sostegno della presenza del crocefisso negli spazi pubblici. Uno nell'intervento istituzionale e dedicato di mons. Bruno Forte. A mio avviso molto deboli se non controproducenti. Uno nell'intervento, casuale e non dedicato, di H. Putnam, nel supplemento "libri", che presenta alcune delle ragioni per le quali Lévinas difende l'etica come filosofia prima (o meglio ancora "anteriore", M. M. Olivetti) e ne rifiuta qualsiasi fondazione. Il crocefisso non fonda alcuna etica altrimenti inconcepibile! (Chi potrebbe spiegare la differenza tra l'etica di quell'ebreo marginale e quella di certi rabbini a lui contemporanei?) L'etica di Gesù, ma anche quella di tanto giudaismo, di Kant o del neocalvinismo, in una sua parte è l'etica pubblica delle poliarchie, delle società aperte e dunque delle democrazie (à la Locke non à la Rousseau). Esporre il crocefisso significa testimoniare l'esperienza di una fede condivisa e comunicabile secondo la quale quell'etica produce una vita che Dio rialza persino dalla morte e per sempre, che Dio divinizza. Esporlo significa testimoniare non che solo alcuni affermano quell'etica, ma che molti credono che quell'etica sia ancora più capace di vita di quanto ritengono tanti che la praticano comunque. Il crocefisso è una notizia dalla quale attigere luce e forza eticamente non necessarie né sufficienti, ma sconvolgenti, confortanti e non certo obbliganti. Per rendercene conto, riflettiamo sul significato dei colori verde, bianco e rosso che i patrioti risorgimentali, non certo "papalini", diedero alla nostra bandiera.. Semmai, e questo è il punto, c'è da chiedersi se esponiamo un crocefisso con gli occhi aperti, ancora vivo, come quello del IV Vangelo o di certa grande pittura umbro-toscana, o con gli occhi chiusi - luterano, ad esempio -, già morto, di cui dunque non si può più vedere se sia finito lì per caso o sopraffatto, oppure liberamente e per amore.
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