Dopo Armillei, Tomasi e Gheda: il resistibile fascino di un centrismo che è nostalgia

Su “Il sussidiario” Paolo Gheda replica al post di Giorgio Armillei su questo blog con questo pezzo:

http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2014/2/10/CASINI-AL-CENTRO-Lo-storico-quell-errore-di-Martinazzoli-che-si-ripete/465512/

(per certi versi analogo alle riflessioni di Andrea Tomasi in un commento al post), ma in realtà più che di categorie storiche o politiche fa largamente uso di nostalgia.

E’ certamente vera una cosa tra quelle che sostiene: che il cambio delle regole (frutto anche di elaborazioni in larga parte ‘nostrane’) si è legato a mutamenti culturali e politici che l’hanno preceduto (il nostro sistema dei partiti era modellato sulla divisione internazionale dei blocchi) e che poi esso ha ulteriormente accelerato. Terminano quindi dopo il 1989, irreversibilmente, le due anomalie italiane che si sorreggevano a vicenda: l’egemonia comunista a sinistra e l’unità politica dei cattolici al centro. E non c’è proprio modo di resuscitarle.

Non a caso, proprio in chiave storica, Pietro Scoppola, prima della caduta del Muro di Berlino, invitava a distinguere la cultura di ispirazione cattolico-democratica, che peraltro era sempre stata minoritaria nella Dc, dal contenitore partitico in cui si era in una certa fase manifestata.

Le regole accelerano i processi, da sole non le determinano, ma il segno europeizzante e di fine delle anomalie è del tutto evidente. Ovviamente il processo è interpretabile in modo diversi: come contributo nei grandi contenitori plurali di centrosinistra (secondo le impostazioni, tra gli altri, dei blairiani del Christian Socialist Movement ggi Christians on the left, dei mounieriani-delorsiani di Esprit Civique e dei Poissons Roses, dei cristianossocialistas in Spgna) oppure, al contrario, come sforzo per tenere su una linea ragionevole e non troppo spostata a destra il centrodestra europeo come nello schema Kohl dopo il 1989. Non c’è in questo un uso di manicheo di categorie morali, come sembra credere Andrea Tomasi: sia i sistemi nazionali sia quello embrionale europeo hanno bisogno di due pilastri ragionevoli su cui poggiare, ora in competizione ora in collaborazione. Ma questa è la sfida reale: non riproporre micro-gruppi minoritari fondati sulla nostalgia, in cui si sotterrano i talenti invece di spenderli.

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