Don Colmegna tra profezia e politica
da Europa di oggi
Virginio Colmegna è un sacerdote di Milano. I più lo conoscono per gli ultimi due ruoli, guida della Caritas e presidente della Casa della Carità, e se ne sono fatti magari un’immagine di sacerdote di frontiera, privo di mediazioni, con slancio impolitico. Niente di più sbagliato.
Per capire meglio il senso della mediazione, di visione della Chiesa e della politica nella sua accezione alta, vale la pena di leggere la sua autobiografia “aperta” (Non per me solo. Vita di un uomo al servizio degli altri, Il Saggiatore). Aperta per la ragione che don Virginio spiega quando cerca di dare ragione del fatto che nel 1960 il figlio di una famiglia povera entri in seminario: «La fede... è una narrazione piena di sorprese... Il racconto di ogni vita...
corre vorticoso fino a quando non si fissa sui volti e sulle storie che ne fanno emergere il significato più profondo... Ho bisogno che gli altri che hanno camminato con me raccontino la loro storia, per aiutarmi a capire più a fondo la mia».
Alle prese con le prime velleità, in seminario e nel quartiere operaio della Bovisa, Colmegna ci spiega così i sentieri della mediazione: «Avrei imparato col tempo, arricchito da tanti sapienti incontri, quanto può essere distruttivo correre da soli verso l’ostacolo e quanto diventa prodigo di risultati e persino consolante affrontarli insieme, studiando le strategie, capaci di pensare politicamente per dare forza alle idee». La scoperta che il polo profetico deve vivere insieme a quello politico per non perdersi nell’attivismo o nella declamazione dei fini. L’itinerario matura, dopo la Bovisa, nei movimenti di Azione cattolica, come la Fuci e i Lavoratori di Ac «accanto a laici che conoscevano la Bibbia, la teologia, il Concilio, la Chiesa, le scienze umane, la società. Ero un prete molto laico o forse un normale cristiano orgoglioso di essere sacerdote ». Poi l’incontro col cardinal Martini che lo invita a vivere tre giorni con lui e che gli fa vedere una modalità diversa del ruolo dell’autorità, lo «scoprire che istituzioni e gerarchie, che noi giovani degli anni settanta avevamo soprattutto cercato di scardinare, contengono anche germi promettenti per la costruzione di strutture buone, di relazioni giuste, di esercizi solidali della responsabilità ». Infine la ricerca di mediazione nella Casa della Carità, dove coniugare «accoglienza gratuita, ovvero senza i vincoli delle rette giornaliere» e «l’accademia della carità». Un manuale di ecclesiologia conciliare pratica e di buona politica.
Per tutti, non solo per i credenti.
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