Diserzione cristiana ? di Luciano Iannaccone

Non
pochi cristiani hanno spesso sulla bocca la parola “Vangelo”. Ma i più l’intendono
essenzialmente come il compito e i doveri che incombono sui credenti in Cristo
e su tutti gli uomini di buona volontà.
Non
è così: dai Sinottici all’annuncio
teologico di Paolo e di Giovanni il felice evento, il lieto annuncio sta
nell’iniziativa di Dio che in Gesù di Nazareth realizza l’intervento decisivo e
risolutivo per la nostra storia ed il nostro destino. La creazione, la chiamata
di Abramo, la liberazione del popolo di Israele sono la meraviglie, i “magnalia
Dei”che trovano il compimento insperato nell’annuncio dell’angelo ai pastori di
Betlemme: “Non temete, perché vi annuncio una grande gioia per tutto il popolo:
oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore”…E
subito si unì all’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e
diceva: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra agli uomini,
perché Egli li ama”( Luca 2: 10-11, 13-14). “Per tutto il popolo” indica la
fraternità umana senza confini, fondata dall’amore di Dio.
Con
la morte e resurrezione di Gesù nasce un mondo nuovo. La liberazione che Cristo
opera nella sua morte e resurrezione con la forza dello Spirito è GIA’ attiva
ed operante nel mondo ed in ogni cuore umano, ma NON ANCORA (anzi!!) pienamente
verificabile nella sconfitta del male e nell’avvento del nuovo mondo di Dio.
“Già” e “non ancora” è la formulazione usata oltre settant’anni
fa dal teologo Oscar Cullmann: una
condizione da lui esemplificata con la fase conclusiva della II guerra
mondiale, ormai decisa dai rapporti di forza sui campi di battaglia, ma in
attesa del “victory day”. La vittoria di Cristo è già in atto, perché l’evento
decisivo si è compiuto e sta maturando i suoi effetti.
Ci
accompagna e ci guida l’azione dello Spirito di Gesù, che rende possibile la
fede, la speranza e l’amore e che ci chiama al cammino personale, irripetibile
ed insostituibile che è affidato ad ogni uomo. E che si concluderà nel modo più
meraviglioso ed impensabile.
La
riconciliazione in Cristo operata da Dio con la forza dello Spirito genera una
dimensione etica conseguente, che ha natura dialogale e responsoriale e che
interpella misteriosamente (“conscie sed non reflexe”) ogni uomo. Trova
ragione, significato e possibilità nell’iniziativa di Dio
in Gesù Cristo e dello Spirito nel nostro cuore: ma senza la resurrezione di
Gesù ogni possibilità e speranza sarebbe vana (1 Corinti 15: 13-19, 32).
La
realtà integrale non può esser vista dal cristiano senza rapporto con la morte
e la resurrezione di Cristo, che aprono alla vita eterna e a “cieli nuovi e
terre nuove in cui abiterà la giustizia”(II Pietro, 3). Naturalmente ciò non tocca
in alcun modo l’autonomia e la legittimità della ricerca scientifica ed intellettuale
in ogni campo.
Ma
se nella fede e nella prassi cristiana la sovranità di Dio che opera in
Cristo viene sostituita dall’urgenza operativa
umana, la presunta sapienza umana tende ad occupare ogni spazio: sia con
ipotesi ed imperativi socio-economici spericolati, visti come dogmi perché
“vestiti” di urgenze etiche vere o presunte, sia sacrificando agli “idola
loci”. Che essi consistano nella divinizzazione del creato (ben diversa dal suo
rispetto) o del “volk” in chiave mistico-pagana o che si attuino nella
riesumazione di teorie e prassi che hanno funestato “il secolo breve”. Forse
siamo nei tempi previsti nella II Lettera a Timoteo, 4:3-4.
Quanto
è diffusa questa prassi fra le comunità cristiane ? Non sono in grado di dirlo.
Ma la sensazione è che, accanto alla fede viva di cristiani e comunità di varie
confessioni cristiane, sia forte anche, forse soprattutto in Europa occidentale,
una diserzione dall’annuncio e dalla missione che il Signore risorto ha
affidato alle donne, agli uomini ed alle comunità cristiane.
Nella
storia non pochi sono stati i momenti ed i tornanti in cui la fede cristiana ha
dovuto, mossa dallo Spirito, riscoprire se stessa, opponendosi a visioni umane,
troppo umane, che dentro e fuori la Chiesa si presentavano come il vero
Vangelo. Sia che si trattasse della sacralizzazione più o meno interessata di elucubrazioni
e miti umani sia che fossero invece da
contestare le pretese indebite di una Chiesa gerarchica di diventare padrona
del Vangelo e delle coscienze. E anche quando, con le migliori intenzioni ma
restando nella scia di Feurbach, “l’umanità” è divenuta il centro della realtà,
oltre che il contenuto del messaggio cristiano. Credo che ci troviamo oggi su
uno di questi tornanti.
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