Dialogando con lo storico Guido Formigoni su sussidiarietà e statalismo
Ancora su sussidiarietà e statalismo Guido Formigoni propone su Tam Tam Democratico un ulteriore intervento sul tema sussidiarietà-statalismo, De Gasperi-Dossetti http://www.tamtamdemocratico.it/doc/232649/de-gasperi-dossetti-e-il-falso-dilemma-statalismo-sussidiarieta.htm?utm_source=MailingList&utm_medium=email&utm_campaign=20120320+-+Democratica+-+Tamt%C3%A0m+democratico+n.7 Ci sono varie osservazioni condivisibili, però mi sembra che su almeno tre punti le differenze siano descritte in modo concordistico. Mi sembra anzitutto difficilmente negabile sul piano dell'interpretazione complessiva che l'impostazione liberale degasperiana e quella giacobina dosettiana non divergessero profondamente nell'interpretare il "compromesso costituente". Secondo quanto ha spiegato recentemente Giovanni Guzzetta http://www.landino.it/2012/03/l%e2%80%99orizzonte-bipolare-nella-costruzione-della-democrazia-italiana-il-contributo-dei-cattolici-g-guzzetta/ la polarizzazione c'era ed era molto marcata, sulla visione dello Stato in sé ancor prima che sul rapporto tra politica ed economia. Caso mai il punto è che la contrapposizione è stata spesso negata (non da Formigoni) facendo passare come impostazione univocamente adottata dai cattolici alla Costituente quella di Dossetti, sostenendo che invece De Gasperi si sarebbe occupato solo del Governo. La differenza, come ce la descrive bene nel suo libro "Il Vaticano e la costituzione" Padre Sale non era sull'asse destra-sinistra, ma su quello Stato monopolista del bene comune-Stato in contesto poliarchico. Non a caso Dossetti e La Pira insistettero allora con la Segreteria di Stato affinché non si desse via libera a mediazioni quali quelle sostenute dai degasperiani, tese a costituzionalizzare non l'indissolubilità ma un richiamo alla stabilità quale caratteristica chiave della famiglia, ipotesi che invece il degasperiano Corsanego provò poi a difendere senza successo in Segreteria di Stato. De Gasperi, dal canto suo, insistette col nunzio Borgongini Duca che si riferisse soprattutto ai suoi uomini Tupini e Corsanego e non ai dossettiani giacché questi ultimi, secondo quanto poi relaziona il Nunzio sulle parole di De Gasperi, "hanno sostenuto gli articoli sociali di sinistra e combinato perfino qualche guaio". In secondo luogo sul discorso di Dossetti del 1951 capisco l'interpretazione di Formigoni, ma a dimostrare puntualmente la sua incompatibilità con un assetto liberaldemocratico è stato Pietro Scoppola nel volume del Mulino che raccoglie l'intervista sua e di Elia a Dossetti e Lazzati e il punto di discrimine era esattamente, per usare le parole di Scoppola, nel "concetto di bene comune in sé definito e non frutto della dialettica delle realtà presenti nella società". Quanto poi alla Dignitatis Humanae non si trattava da parte di Dossetti di una sorta di 'opinione concorrente' (condivisa la sostanza, diversi gli argomenti) come sostiene Formigoni, ma per l'appunto di una visione diversa dello Stato. Quando Dossetti (ripreso puntualmente nel volume di Silvia Scatena) diceva che le giustificazioni della libertà religiosa avrebbero dovuto poggiare non solo e non tanto sullo ius individuale" della persona, sull'immunità dalla coercizione che relativizza lo Stato, ma "per lo meno altrettanto anche sul piano delle esigenze oggettive del bene comune in una polis ordinata secondo ragione" si parla di una visione diversa dello Stato nel suo rapporto con la persona. Difficile immaginare che, in forme diverse, queste differenze non siano rilevanti anche nei dibattiti e nelle scelte odierni.
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