Questioni che non tornano (perché non sono mai passate)
... non che fugga dalle interessantissime questioni emerse nella discussione sulla secessione. E' che sono state poste (qui e parallelamente) questioni difficili, che mettono alla prova il pensiero ... Intanto, per ragioni varie, mi sono riletto Il partito popolare di De Rosa. Cavoli che "botta"! Il periodo 1919/1924 vede emergere una serie di nodi cruciali e Sturzo li affronta tutti. E' impressionante come ci siano alcune che questioni che sarebbe errato dire che tornano. In realtà non se ne sono mai andate. Permangono. Per la storia del nostro paese ... 1. ,.. se non si forma una destra democratica consistente, come fu la "destra storica" (ma allora c'era una democrazia per pochi), e se - in mancanza di ciò -i popolari non si fanno carico di rappresentare anche gran parte dei conservatori, resta un varco enorme alla destra antisistema (magari tale anche solo perché clericale. (Negli ultimi cento anni abbiamo avuto tre destre senza popolari: Giolitti, Mussolini e Berlusconi. Berlusconi è stato nettamente il migliore di questi. Azzerarlo non conviene neppure ai riformisti.) 2. Se Turati non rompe con i Massimalisti, Sturzo non ha con chi fare il centro-sinistra. (Saragat è stato l'unico socialista ad avere il coraggio di fare di quella rottura una scelta strategica e poi, ma su di un altro piano, la Cisl di Carniti. E' vero, Veltroni aveva distrutto un pezzo di massimalisti nel 2008, ma il pezzo principale se l'era tenuto dentro il Pd. Poi ha contraddetto tutto. Forse non si era neppure accorto del miracolo che gli era riuscito. Forse non voleva neppure tanto? E gli è riuscito con il Porcellum! Chi ha orecchi per intendere …) 3. Naturalmente, Sturzo fece quello che fece perché non era un indipendente, ma una organizzazione. 4. Cruciale e prototipica fu la svolta di Mussolini del 1921 nei rapporti con Chiesa. Si incuneò tra gerarchia e popolari offrendo agli ecclesiastici di più. Non solo più di quanto volevano offrire i popolari, ma anche di più da quanto (oggi) la Chiesa sa di poter chiedere ad un regime politico. (Posto che alla gerarchia ecclesiastica competente per l'Italia all'inizio degli anni '20 di libertà e dignità umana in generale interessava fino ad un certo punto.) 5. Se una mediazione politica di cattolici non prende le distanze dalla gerarchia (ovvero se non si assume in proprio la responsabilità di una mediazione politica) non genera il paradigma alternativo ai clerico-moderati, ma se prende una distanza eccessiva dalle gerarchie crea un varco pericoloso per la Chiesa e la democrazia in cui si inseriscono i clerico-reazionari di ogni fase. A me pare che con questi problemi – evoluti solo nelle forme esteriori – siamo ancora alle prese. Il dramma - almeno per me - è che, se a queste suggestioni corrisponde qualcosa di reale, i popolari non possono in tutta libertà decidere se collocarsi a destra o a sinistra come se nulla fosse o come se dipendesse solo dal loro sentimento. Le condizioni storiche hanno un peso che può essere interpretato, ma da cui non si può prescindere, pena il velleitarismo e la sconfitta. Se non nasce finalmente qualcosa come il Pd, ovvero se i turatiani di oggi non sono disponibili a prendere congedo da D'Alema e Bersani (figuriamoci da Vendola, Di Pietro, Diliberto e dai massimalisti giustizialisti e laici), agli sturziani di oggi non resta che provare a rendere un po' più riformista la destra. Il 2008 dovrebbe aver insegnato ai turatiani che marginalizzare il ceto politico non riformista non significa perdere il voto che di una manciata di elettori. Ma evidentemente questa lezione non è bastata. O forse non interessa.
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